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del pensiero. Nel risorgimento la prima tendenza politica è la nazionalità, conseguenza della individualità: si costituiscono i regni sulla base delle razze, nell'orbita del possesso storico. Per arrivare all'unità bisogna quindi passare per l'unificazione, che avrà un processo dispotico. Ecco la necessità che uccide i comuni. Il dispotismo per sopprimere tutti gli antagonismi deve divorare tutte le Signorie: la sua livellazione produrrà l'eguaglianza, e la sua pressione fortificherà la coscienza. L'Italia, che ha troppe e troppo antiche differenze, non potrà costituirsi in uno Stato solo: le piccole Signorie si fonderanno in reami e ducati; lo straniero è necessario a quest'opera. La contesa fra papato ed impero è esaurita, il papato dovrà battersi colla Riforma, più tardi unito ad essa contro la scienza.

L'Italia nel risorgimento non è conquistata come credette il Macchiavelli; non è lo straniero che la soggioga, ma italiani che combattono contro italiani. I minimi governi scompaiono, e siamo allo stato col sovrano e col suddito.

L'Italia allora non era guerriera ma artistica, commerciale, industriale, erudita; la sua coscienza era fiorentina, veneziana, milanese, genovese, napoletana, non italiana; il suo ideale non poteva essere diverso. Solo nell'orbita di un maggiore Stato, nell'uguaglianza sotto un re potevano fondersi queste