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Oimè, Magnifici Signori miei, non veggo, che si potessono nello animo, e nello ingegno umano tante estreme miserie considerare, quante e più seguono in quella infelice Repubblica, nella quale non si amministra giustizia. E così per contrario, dove questa santissima virtù regna, quivi somma pace, riposo e tranquillità sempre si truova; quivi perpetua sicurtà in tutte le cose pubbliche e private. Intanto che quella felice Patria, non solamente umana, ma più tosto divina, angelica e beata e santa si può chiamare. Adunque a questi due singulari lumi e specchi di tutte l’altre virtù, cioè unione civile e iustizia pubblica, conforto i gloriosissimi ingegni vostri e graziosi animi disponiate, Illustri Signori miei, virtù più fruttuose che queste per la vostra inclita Patria non potete operare; più degne, nè più merite laude non potete, che quelle, apparecchiare a’ vostri prestantissimi nomi. Questi due soli splendori di tutto il vivere politico sofficientissimi fieno a conservare la gloria della eccelsitudine vostra in memoria eterna e immortale. Nelle quali due singulari virtù, ed in molte altre esercitati i vostri magnifici antecessori, hanno questa Repubblica maravigliosamente adornata di esempli e di gloria de’ nomi loro. Con quanta providenzia e sollecitudine, con quanta modestia e temperanza, con quanta fede e unione civile abbiano al loro tempo governata questa gloriosa Città, perchè negli animi vostri è nato, non bisogna, che al presente ne’ cospetti vostri più copiosamente lo dimostri. Cosi adunque, Magnifici Signori miei novelli, spera questo invittissimo popolo nelle maravigliose vostre virtù, che sì gloriosamente adopererete nel futuro vostro governo, che civile pace, tranquillità perpetua, giustizia incommutabile, felicità e riposo di questa florentissima Repubblica ne seguiterà.