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mano con odii e discordie perturbare ordina. Soccorrete a questi pericoli, ovviate a questa calamità. Allora ogni suspezione fia mitigata, quando quello inganno dall’occulte insidie fia manifesto, quelli eserciti parati, quelle schiere degli uomini armati saranno dissipate. In questo uomo è posta solamente ogni loro fede e speme. Imperocchè quale altro contro a questo grandissimo e singularissimo imperio, contro a questo dominio di tutto il mondo l’animo e l’audacia di pochi scelerati avrebbe potuto innalzare e commuovere? Quale Cittadino Romano tanta atroce sceleraggine mai pensare? Questo, questo Cicerone nuovo d’Arpina della famiglia dei Tullii, occulti inganni alla nostra vita apparecchia solamente, e verso Catilina la congiurazione finge, acciò che più liberamente al suo consiglio possa divenire1; e alquanti di noi in giudicio conduce, acciocchè, sotto il nostro nome ragunate le moltitudini, la via a lui più facilmente ad occupare la Repubblica atta sia. Voi, Padri Coscritti, non vedete i vostri pericoli? Abbracciate adunque la Repubblica, misera e rovinata; sovvenite alla
Patria, la quale perisce, e insiememente della salute comune e delle vostre fortune abbiate misericordia. E me, Cittadino, Consulare e Patrizio, amico e benivolo al Popolo Romano dalla rabbiosa gola del Consolo inimico liberate, e preghevole2 e innocente, all’usato splendore, e alla carità, e amore di tutti i cittadini, e alla vostra grazia e benivolenzia restituite.