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«V’ha contraffazione, nel senso dell’articolo precedente, non solo quando v’ha una somiglianza perfetta fra l’opera originale e l’opera riprodotta, ma eziandio quando sotto ad un medesimo titolo o sotto ad un titolo diverso v’ha identità d’oggetto nelle due opere, e vi si trova lo stesso ordine e la stessa distribuzione di parti.

«L’opera posteriore è in questo caso considerata come contraffazione, quand’anche fosse stata notevolmente diminuita od accresciuta.»

Ella vede quante domande simili a quell’altre si potrebbero fare anche qui. Come si definisce l’identità dell’oggetto? E quando si sia potuta trovare quest’identità, l’opera che, prendendo l’idee principali dell’opera originale, le esporrà con maggior evidenza, e le rinforzerà con novi argomenti, sarà nel caso della contraffazione? E se le parti distribuite nella stessa maniera porteranno però de’ titoli diversi, e che annunzino un intento più o meno differente, più o meno vasto? Quale sarà poi la misura del «notevolmente diminuita od accresciuta?» Ora, si dovrà egli, a cagione di tali dubbiezze, escludere il significato naturale dell’articolo ?

E si noti che le accennate qui possono ricorrere in tutto il tempo che dura la privativa; mentre quelle ch’Ella ha enumerate riguardo all’articolo 14, non possono venir in campo che per un tempo brevissimo; giacchè nessun tribunale accetterebbe come prova che una ristampa abbia avuto cominciamento prima della legge, un pezzo che potesse essere stato ristampato nell’intervallo tra la promulgazione della legge e le presentazione di quello.

Con questo credo d’aver risposto all’obiezione ch’Ella cava dagli inconvenienti suddetti, contro l’interpretazione dell’articolo propugnata da’ miei difensori e da me; cioè che la frase: purchè la riproduzione abbia avuto cominciamento, contempli il fatto «d’un materiale principio dato alla ristampa.» Se poi, come ho accennato, Ella volesse che la sua interpretazione possa essere applicata anche a questo fatto; allora l’obiezione cade da sè; perchè Ella medesima verrebbe a accettare quegl’inconvenienti. Qui infatti non c’è mezzo: o la legge trascura quel fatto; e commette un’ingiustizia; o lo contempla; e ne vengono le difficoltà dell’applicazione. E questo, per la natura medesima della cosa; giacchè una legge che proibisca de’ fatti fino allora permessi, e fatti che non possono esser realizzati in un colpo solo, ma sono di loro natura, il resultato d’operazioni successive; una tal legge, dico, deve necessariamente poter trovarsi a fronte di fatti principiati e non compiti; sui quali le è forza, o tacere, o pronunziare.

Passo ora a parlare del secondo paragrafo dell’articolo.

Il permesso accordato giustamente nel primo, poteva esser preso in un senso più largo di quello che la legge si proponesse. Mettiamo che un autore avesse pubblicati in Milano due volumi d’un’opera che doveva, per il suo compimento, averne successivamente degli altri; e che un editore di Firenze avesse, prima della legge, riprodotti i primi due. Quest’editore, allegando che, per quel fatto, la sua riproduzione avea avuto cominciamento avrebbe potuto pretendere che gli fosse permesso di riprodurre quelli che verrebbero in seguito. E è ciò che la legge dichiara di non voler permettere. Ma qui entrava di mezzo l’interesse d’altre persone; e se la legge non ci avesse provveduto, gli associati alla ristampa, che avevano pagati que’ due primi volumi, sarebbero stati nell’alternativa, o di rimanere con un’opera imperfetta, e senza valore, meno quello della carta; o di comprar di novo i due volumi dall’autore. Per ovviare a ciò, la legge dichiara che, in questo caso, l’autore, o chi per lui, non godano della privativa, se non a condizione che «si dichiarino pronti a vendere agli