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424 lettera


E questo esser la vera lingua così debolmente riconosciuta da tutti, anzi riconosciuta e rinnegata nello stesso tempo, viene principalmente dalla mancanza di circostanze che ne promovano la diffusione e il dominio. Chè, dove gli uomini non sono aiutati o anche forzati dalle circostanze a stare in proposito, facilmente l’abbandonano o lo alterano. All’opposto, dove c’è un tale aiuto, la cosa cammina da sè, senza bisogno di ragionamenti, anzi malgrado i ragionamenti e le proteste in contrario. Per citarne un esempio, e d’uno scrittore tutt’altro che oscuro, il Nodier, tra tante altre cose singolari in materia di lingua, esce in questo lamento sulla sua: Il est peut-être malheureux, et on ne sauroit trop le répéter, que le Dictionnaire de la langue françoise n’ait été jusqu’ici que le Dictionnaire de Paris (Examen des Dictionnaires, etc.; alla voce Bresse). Gli rimproverava d’essere ciò che dev’essere, cioè il vocabolario d’una lingua reale, e d’una lingua che, per ciò appunto, ha potuto diffondersi tanto, anche fuori di Francia; giacchè, se le cagioni del diffondersi una lingua possono esser molte e diverse, la condizione prima e sine qua non, è che quella lingua sia. Avrebbero una bella lingua i Francesi, se, perchè si chiama francese, si fossero immaginati di doverla e di poterla prendere da tutte le città di Francia. Certo, in quelle città c’è molta lingua francese, ma perchè c’è venuta da un luogo: è la lingua di Parigi trapiantata e stabilita accanto a molte; e si va sempre più sostituendo alle molte, perchè è una. Ma in Francia tali proteste rimangono a terra, soffogate dalla forza e, direi quasi, dal rigoglio del fatto. Noi, alla mancanza d’un simile aiuto, dovremmo supplire con quelli della riflessione e della volontà; e, cosa, del resto, tutt’altro che singolare, accade per l’appunto il contrario. L’avere un motivo di più diventa un ostacolo; il non realizzarsi la cosa da sè, e come spontaneamente, ne rende confuso e incerto il concetto. Pare strano di dover riconoscere per lingua italiana una che non si vede scorrere, come per un pendio naturale, in tutta l’Italia; e quelli che in Francia rimangono sterili lamenti contro un fatto, sono, dà noi, impedimenti efficacissimi a un da farsi.

Non voglio dire però, che con quegli aiuti artifiziali si possa supplire adequatamente a quel grandissimo, anzi unico, delle circostanze, accennato dianzi; non voglio dire che, per essi, la lingua d’una città d’Italia possa diventare italiana di fatto, quanto quella di Parigi è, e va sempre più diventando, lingua francese. Ma è il solo mezzo d’accostarsi, più che sia possibile, a un tal resultato. In mancanza del sole, disse il Franklin, accender le candele.

Ma ecco che, per la terza volta, entravo, senza avvedermene, nell’uno via uno. Fortuna che il foglio m’avverte di finire: giacchè ci vorrebbe troppa faccia tosta per avviarne un altro. Tronco dunque, e in qualche maniera concludo, terminando come ho principiato, col ringraziarla. Poichè que’ medesimi ai quali sarebbe facile il darci la cosa di cui abbiamo così gran bisogno, nè l’hanno voluto, nè par Bloccoche vogliano volere, tanto più dobbiamo esser grati a chi ha superata la difficoltà, e durata volentieri la fatica di procurarcela, almeno in parte, e in una parte importantissima. Ai ringraziamenti vivissimi aggiungo vivissime preghiere per la continuazione del benefizio, e a tutto le sincere proteste dell’alta stima e del profondo rispetto, col quale ho l’onore di dirmele


Devotissimo, obbligatissimo servitore
Alessandro Manzoni.