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proscritti, del quale non mi rammento il nome. Costui, in uno di que’ giorni che durò la votazione sull’ultima sorte di Luigi XVI, s’era trovato, in casa di madama Roland, con quel celebre deputato, che non aveva dato ancora il suo voto, e che, esponendo anticipatamente il suo sentimento, parlò con un’eloquenza straordinaria, anche in lui, contro il voto di morte, dichiarandolo segnatamente contrario al diritto; e si congedò poi per andare alla Convenzione, atteso che non poteva star molto a venire il suo turno. L’altro ci andò qualche momento dopo, ansioso di sentir di novo quegli argomenti espressi con quella facondia, e col di più che le doveva dare il contatto, dirò così, immediato della cosa. Arrivò che l’uomo saliva alla ringhiera, o ci s’era appena affacciato. È tutto orecchi; e la parola che sente uscire da quella bocca è: La mort. Costernato, atterrito, ancora più che maravigliato, va a aspettarlo, se non mi rammento male, appiedi della ringhiera; lo ferma, e, col viso e con gli atti più che con le parole, gli chiede conto del come abbia potuto dare a sè stesso quella spaventosa mentita. Se quello avesse risposto che, alla vista del pericolo che poteva correre ubbidendo alla sua coscienza, gli era mancato il core, ci sarebbe certamente da deplorare un fatto, purtroppo non raro, di debolezza colpevole e vergognosa. Ma la risposta che diede rivela un principio di male più terribile, perchè ben più fecondo e comunicabile, come quello che ha sede nelle menti; e più insidioso, perchè può operare independentemente da passioni personali, e quindi parer superiore a quelle. Rispose, a un di presso, chè non mi rammento i termini precisi, ma sono sicuro del senso: «Ho visto alzarsi davanti a me la fantasima della guerra civile; e non ho creduto che la vita d’un uomo potesse esser messa in bilancia con la salute di un popolo.» Era uno che, riconoscendo d’avere operato contro coscienza, non credeva di fare una confessione, ma di proporre un esempio; uno che credeva d’essersi, con la sua tranquilla, antivedente e sovrana ragione, sollevato al di sopra.... oh miserabile nostra superbia! al di sopra del diritto! Era la gran morale che ammazzava la piccola. Come la guerra civile sia stata schivata, non ci pensiamo: il torto non è nell’aver previsto male, ma nel sostituire a una legge eterna la previsione umana. Anzi, mi dimenticavo che non si tratta ora neppure di torto o di ragione, ma solamente dell’importanza della filosofia riguardo agli avvenimenti umani, in quanto dipendono dalle deliberazioni degli uomini. Era, dirò dunque, un uomo, non volgare, certamente, e tutt’altro che tristo, che, dopo aver parlato in quella maniera, s’era deciso a sentenziare in quell’altra, e sulla vita d’un altr’uomo, perchè regnava una teoria morale, messa in trono da una teoria metafisica.

secondo.

Regnava, dite? Che non è in vigore quella teoria? Anzi non è forse stata, in tempi più vicini a noi, esposta più scientificamente, e particolarizzata più simmetricamente in altri libri poco meno celebri di que’ due, e attualmente più letti?

primo.

Eccome! ma gli è che, in fatto di filosofia, molto più che in fatto d’amore, con bona pace di Messer Francesco,

Piaga, per allentar d’arco, non sana.

Ed è appunto per questo, che l’essere quella teoria metafisica, abbandonata come falsa, e messa oramai tra l’anticaglie, non basta. Per levarne di mezzo le conseguenze, ci vuole una vera, o piuttosto la vera teoria