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264 il conte di carmagnola


Oh dubbio atroce!... Io li ringrazio; ei m’hanno
Statuito un destino, ei m’hanno spinto
Per una via; vi corro: almen mi giova
Ch’io non la scelsi: io nulla scelgo; e tutto
Ch’io faccio è forza e volontà d’altrui.
Terra ov’io nacqui, addio per sempre: io spero
Che ti morrò lontano, e pria che nulla
Sappia di te: lo spero: in fra i perigli
Certo per sua pietade il ciel m’invia.
Ma non morrò per te. Che tu sii grande
E gloriosa, che m’importa? Anch’io
Due gran tesori avea, la mia virtude,
Ed un amico; e tu m’hai tolto entrambi.

(parte)



SCENA III.

Tenda del Conte.

IL CONTE e GONZAGA

il conte.


Ebben che raccogliesti?

gonzaga.


                                        Io favellai,
Come imponesti, ai commissari; e chiaro
Mostrai che tutta delle vinte navi
Riman la colpa e la vergogna a lui
Che non le seppe comandar; che infausta
La giornata gli fu perchè la imprese
Senza di te; che tu da lui chiamato
Tardi in soccorso, romper non dovevi
I tuoi disegni per servir gli altrui;
Che l’armi lor, tanto in tua man felici,
Sempre il sarian, se questa guerra fosse
Commessa al senno ed al voler d’un solo,

il conte.


Che dicon essi?

gonzaga.


                              Si mostrar convinti
Ai detti miei: dissero in pria, che nulla
Dissimular volean; che amaro al certo
De’ perduti navigli era il pensiero,
E di Cremona la fallita impresa;