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252 il conte di carmagnola

Portavano di noi! Noi testimoni
Del suo poter, dal conto in cui ci tiene,
De’ nostri acquisti così sparsi al vento,
Di tal gioia, di tai grazie, di tali
Abbracciamenti! Oh! ciò durar non puote.
Che avviso è il vostro?

secondo commissario.


                                        Haccene due? Soffrire,
Dissimular, fargli querela ancora
D’un’offesa che mai creder non puote
Dimenticata, e insiem la strada aprirgli
Di ripararla a modo suo; gradire
Che ch’ei ne faccia; chiedergli soltanto
Ciò che siam certi d’ottenerne; opporci
Sol quanto basti a far che vera appaia
Condiscendenza il resto; a dichiararsi
Non astringerlo mai; vegliare intanto;
Scriverne ai Dieci, ed aspettar comandi.

primo commissario.


Viver cosi! Che si diria di noi?
Dell’alto ufizio che ci fu commesso,
A cui venimmo invidiati, e or tale
Diviene?

secondo commissario.


                    È sempre glorioso il posto
Dove si serve la sua patria, e dove
Si giunge ai fini suoi. Soldati e duci
Tutti sono per lui, l’ammiran tutti,
Nessun l’invidia; a sommo onor si tiene
Bene ubbidirlo; e in questo sol c’è gara
Che ad essergli secondo ognuno aspira.
Voce sì cara e riverita in prima,
Che forza avrebbe in lor poscia che udita
L’hanno in un tanto dì, che forza avrebbe
Se proferisse mai quella parola,
Che in core han tutti, la rivolta? Guai!
Che più? gli udimmo pur; come de’ suoi,
È nel pensiero de’ nemici in cima.

primo commissario.


Ma siamo a tempo? Ei già sospetta.

secondo commissario.


                                                            Il siamo.
Essi armati, e sol essi; avvezzi tutti
A prodigar la vita, a non temere
Il periglio, ad amarlo, e delle imprese