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di quella nuova legge che li getta fuori dalle città, ed alla quale rimprovera di contendere il nome ai morti. Il poeta è ingiusto, perocchè è permesso di porre inscrizioni, ed epitaffi sui sepolcri; ma è peraltro rispettabile cotesta ingiustizia, poichè essa proviene dal vivo dolore ch’ei prova, perchè il luogo, ove riposano le ceneri di Parini, non è distinto da alcun segno onorifico di simil genere. Da ciò prendendo occasione di trasformare in satira il suo1 canto elegiaco, si mette a riprendere con acrimonia i compatriotti di Parini, che non curarono i preziosi avanzi di quel poeta i di cui canti

«Il lombardo pungean Sardanapalo
«Cui solo è dolce il muggito de’ buoi
«Che dagli antri Abduani e dal Ticino
«Lo fan d’ozi beato e di vivande»
     . . . . . . . . . .
«... a lui (Parini) non ombra pose
«Tra le sue mura la città, lasciva

  1. S’ella prende per elegia una poesia lirica, la colpa non è dell’autore: nè Pindaro, perchè spesso pianga, o sferzi, sarà men lirico. E se in questi versi citati vi è satira nel pensiero, che trova ella di satirico nello stile? non tanto le cose, quanto i modi di esporle distinguono i generi di poesia: precetto non ignoto a lei uomo dottissimo, ma per l’inesperienza della nostra lingua non applicato a questo passo.