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     Di lor canto i deserti, e l’armonia
     Vince di mille e mille anni il silenzio.1


E che potrebbe dirsi del nostro aspettare l’immortalità, che tutto non sia compreso e spiegato nella seguente invocazione alla Speranza?

  1. Lo scrittore della Notizia intorno a Didimo Chierico ci fa a sapere (§ V), che c so Didimo aveva gran ribrezzo a correggere le cose una volta stampate, il che, secondo lui, era manifestissima irriverenza a’ lettori. Ma Didimo non di rado andò sopra a un tal ribrezzo, forse perchè l’uomo è creatura anomala, che ribellasi non pure allo leggi impostegli per altri, ma ben anche a quelle, ch’egli va prescrivendo a sè stesso. In fatti il libro, al rinnovarsene delle edizioni, non usci più raffazzonato nello stile, delle Ultime lettere di Iacopo Ortis. Cito singolarmente le due edizioni di Londra (Zurigo) un vol. in 8, 1814, e di Londra due vol. in 12, 1817 Ma i versi de’ Sepolcri, poema elaboratissimo, e che levò sì alto grido in Italia, non sembravano meritare ugual destino. Pure l’autore, dei cinque citati qui sopra, ne lasciò intatti due soli. La prima variante par fatta per compendiare il passo, e meglio adattarlo ad essere citato; ma dell’altre due, e massime dell’ultima, benché non sia difficile indovinar la cagione, dubito assai, che gli uomini di gusto non si appaghino. Questi versi sono nella memoria di tutti i giovani studiosi in Italia, e quando una bella armonia ha guadagnato una volta quel superbo giudice dell’orecchio, è ben difficile, che una seconda vinca quella prima.