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XVII

noi ceduto dalla prelodata amica dell’autore; e così pure i Canti primo e terzo dell’Iliade che come esperimento di traduzione sono conosciuti in Italia e ne’ quali ebbe in mira l’autore, come osserva il Pecchio, di sostenere principalmente colla brevità e fedeltà l’energia dell’espressione* 1. E rispetto al primo siccome fu egli quà e là ritoccato dall’autore con intendimento, come egli stesso dice, di rammorbidire il verso con più chiarezza e facilità, prevalendoci noi delle varianti da lui lasciate in margine e in diversi fogli bianchi rilegati ad un esemplare del suo libro posseduto con altri non pochi manoscritti dalla ripetuta signora, noi lo riproduciamo assai migliore e diverso di quello la prima volta pubblicato, corredandolo altresì, con qualche variazione delle belle considerazioni intorno al Cenno di Giove che leggonsi nella prima edizione di Brescia del 1807. Finalmente alcuni frammenti di traduzione d’altri canti dell’Iliade; alcuni squarci d’Inni a Canova

  1. * È noto che sopra all’originale greco di 451 versi la traduzione del Foscolo ne ha 522, e quella del Monti 609. Da ciò consegue adunque, che se il primo avesse potuto conservare in 24 canti quella stessa energia, fedeltà ed espressione che con sommo studio seppe osservare nel terzo canto, non gli si avrebbe certo potuto negare la palma sopra il suo emulo. Ved. Pecchio, Vita cit. pag. 220.