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tanta persuasione di fatti. E aggiunta colla energia del suo genio nuova e inusitata celerità all’esercito, per lunghissimo cammino pervenne alla Danimarca non intempestivo. I primi passi furon vittoriosi, e l’Isola d’Alsen, ponte quasi e tragitto alle Isole maggiori, e munita del presidio di quattromila Cavalli, e della Fortezza di Neoburg, e Federiscöde, antemurale della Jutlandia medesima, vennero in podestà de’ Confederati, estenuandosi e dimezzandosi in brevissimo tratto le conquiste dell’inimico. Ma questi, ed altri progressi, non riuscivano a molta utilità, quando l’Esercito svedese accampava nella Fionia, Isola troppo opportuna a contenere un Reame non molto esteso, e tutto marittimo. Non pareva scampo alla Danimarca, se gli Svedesi non si assalissero nelle loro trincee: la stessa impazienza che trasse i Pompejiani nell’irreparabile sconfitta di Farsaglia, quella stessa animava i Confederati: uno era in tutti il desiderio di combattere, e la fiducia di trionfare: tutti, come sicuro ed espedito termine delle fatiche loro, la Fionia riguardavano. Consiglio più assai generoso che prudente, nel quale convenendo il maggior numero, non valse che Raimondo dissentisse. Ad onta del mar procelloso, e colla scorta di nocchieri che abborrivano dalle mete, ove le navi si diriggevano, pur si pervenne a quell’Isola male augurata, né si volsero addietro le vele, perché ella apparisse aspra, terribile, minacciosa, dove chiusa di acuti scogli ed innaccessibili, dove munita di Batterie, torreggiante di Fortezze, e difesa dall’Esercito ferocemente ordinato a combattere; Esercito florido, preparato all’assalto, e condotto dall’Ammiraglio Wrangel, il miglior Capitano di una Nazione, dove rari non erano gli eccellenti. Pur si provocarono, tanta era l’alacrità, pericoli maggiori di ogni forza umana, e si provocarono da genti inesperte all’orrore de’ marittimi cimenti. La spiaggia fulminava su gl’inudi fianchi delle navi: le navi, fendendosi in molti lati, si approssimavano verso gli abissi aperti ad ingojarle: i lor colpi debilmente rispondevano, percuotendo sulla invincibil rupe, o sulla impenetrabil trincea. Tinte erano l’onde di molto sangue, e sullo sparso sangue non però si agevolava la via della discesa.