Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/97


LIBRO PRIMO 89

e balan presso de’ barbari. Molti Gotti pertanto aveanlo fatto, unitamente al suo cavaliere, bersaglio dei dardi e del saettamento loro. Imperciocchè alcuni disertori, capitati il giorno prima nel campo, non appena ebbero veduto Belisario a combattere nelle prime file che, sapendo il morir di lui trascinar seco l’immediata rovina de’ Romani, esortarono con altissime grida a ferire il destriero balan. Di là tal voce corse per tutto l’esercito de’ Gotti, ma costoro, siccome accader suole ne’ grandi tumulti, non davansi carico d’indagare che si volessero quelle grida; nè aveano punto conosciuto il duce. Congetturando impertanto non essere fuor di proposito il ripetere da per tutto l’avviso fecer sì che molti, posto in non cale ogn’altro, volgessero le armi contro il duce supremo. E di già i valorosissimi tra loro punti dagli acuti stimoli della gloria, spronati i cavalli, erangli sopra per averlo comunque potessero, ed accesi di grandissimo sdegno tentavano ferirlo d’asta e di spada; ma Belisario al venirgli innanzi or gli uni, ora gli altri, senza darsi tregua mettevali a morte. Nel quale trambusto chiaro apparve in ispecie quanto si fosse l’amore portatogli dai pavesai ed astati della sua guardia, conciossiachè tutti circondandolo fecero pruova di tal valore, quale, a mio avviso, non ha fin qui esempio nelle storie. Eglino covertando e duce e destriero co’ loro scudi ricevevan sopr’essi i dardi avventati dai Gotti, né cessavan ad una di respignere chiunque osasse approssimarsi: per sì fatta guisa tutto l’impeto del nemico inveiva contro il corpo d’un solo uomo. In questa fazione caddero spenti non meno di mille