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564 GUERRE GOTTICHE

l’ordinanza, e sempre intenti cogli animi e cogli occhi alla venuta de’ Gotti; fe’ parimente ai corni delle romane truppe, ov’erano quattro mila fanti arcadori, torcere la fronte.

II. I reali pedoni senza eccezione procederono attelati strettissimamente dietro i cavalieri per essere pronti ad aiutarli, rinculando, e con essi riprendere l’offensiva; doveano altresì tutti valersi nel combattimento delle sole aste, non già di frecce o dardi comunque. Egli è poi certo che Totila per imprudenza cadesse in errore cimentandosi ora alla pugna, ed altri dicane il motivo, con truppe disugualissime nelle armi e nel resto, mentre gli imperiali nella tenzone sapevano a tempo e luogo trar profitto d’ognuna delle prime, dando mo’ di piglio alle faretre, mo’ alle aste, mo’ alle spade, o a checchè estimavano di miglior uso. Li vedevi di più quando in sella, quando pedoni giusta la bisogna del momento. Tal fiata circondavano il nemico, tal altra assaliti ripignevanlo rendendone collo scudo vani li colpi. Ma i cavalieri de’ Gotti per lo contrario, lasciati dagli omeri i pedoni, messa ogni speranza nelle sole aste ed invasati da cieco furore, non appena cominciata la zuffa ebbero il giusto premio dell’audacia loro. Imperciocchè, investito il centro degli imperiali, non prima s’avvidero degli otto mila fanti da tergo che furonne prontamente accerchiati, ed oppressi all’ingiro da folto nembo di saette, allora conobbero che i Romani dall’arco, come testè dicea, saltato aveano i corni della propria ordinanza. In quest’assalto i reali toccata grave perdita d’uomini e di cavalli, prima che venissero a regolare batta-