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LIBRO TERZO 311

sidio entro Genova; toltone adunque il nome ad imprestanza scrisse fìnta lettera al duce imperiale, quasimente colui caduto in grave pericolo richiedesselo con ogni premura di sollecito aiuto, e la consegnò a cinque scaltrissimi individui, ammonendoli di annunziarsi quali messi di Bono e di osservare diligentemente le nemiche forze ivi raccolte. Belisario non appena arrivati se li fece condurre innanzi e trattolli, giusta l’usanza, della miglior guisa, e letto il foglio impose loro di assicurar Bono che tra poco n’andrebbe a lui coll’intero esercito. Queglino esaminato il tutto, giusta i comandamenti di Totila, retrocedettero al campo de’ Gotti dichiarandovi essere quell’apprestamento delle romane truppe ben poca cosa, ed immeritevole di farne tampoco il minor conto.

II. Di questi giorni Tivoli castello guernito d’isaurico presidio cadde in potere di Totila per tradigione, e vo a riferirne il modo. La custodia di quelle porte era commessa agli Isauri e ad alcuni borghesi, i quali per certa contesa levatisi dalla truppa ivi in fazione, ed improvvisamente usciti della porta vi misero dentro nelle ore notturne il nemico non lunge da là postosi a campo. Sorpreso dai Gotti il castello gl’Isauri a comune difesa unironsi con tale arte che quasi tutti pervennero a salvamento. I vincitori non perdonando a chicchessia de’ terrazzani dal primo all’ultimo una con lo stesso vescovo trucidaronli siffattamente, che sebbene a mia cognizione il modo pure non istarò qui a riferirlo disdegnando tramandare ai posteri la memoria di cotanto furore. In quella strage fu avvolto eziandio Ca-