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LIBRO SECONDO 261

guardinghi, e non pago di acconsentire alla sua dedizione fu eziandio agli altri di stimolo perchè si dessero ai Romani. In cotal mezzo Uraia marciava frettolosamente al soccorso di Ravenna con quattro mila guerrieri raccozzati nella Liguria e nelle alpigiane castella. Quelli udita la ribellione di Sisigi, tementi del proprio sangue rimaso alle case loro, vollero di subito farsi indietro, dond’è che il duce tornato alle Alpi Cozzie con tutto l’esercito vi assediò Sisigi e Tommaso. Stimolati dal pericolo de’ suoi Giovanni, figlio di una sorella di Vitaliano, e Martino, a stanza presso del Po, immantinenti partonsi con tutta la soldatesca per aiutarli; ed assalite alla sfuggita alcune delle rocche alpine e superatele al primo attacco ne menan seco prigioni gli abitatori, tra cui aveanvi in molta copia donne e prole degli stipendiati da Uraia, i quali tolti da que’ presidii trovavansi allora seco lui a campo. Questi adunque al primo annunzio che le genti loro giaceansi in ischiavitù ribellati a Giovanni fecero desistere il barbaro da ogni cimento colà, e dal pensiero di sovvenire ai pericolanti in Ravenna; rendutene così vane tutte le imprese l’obbligarono di restituirsi con poca truppa nella Liguria, ov’e’ si tenne. Belisario poi liberamente di giorno in giorno riduceva a più triste condizione Vitige e gli ottimati de’ Gotti rinchiusi entro quelle mura.