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naro, da lui stesso nascosto già in parte, e in parte dalla benignità del Principe concedutogli, avea di che vivere lautissimamente; e può dirsi ch’egli era beato, considerando la condizione in cui era, quando però avesse ascoltata la voce della ragione, e non le tentazioni della cupidigia. Ed è per questo che a tutti i Romani movea a sdegno la vita molto più allora, che in addietro, comoda, di un uomo, il quale in perversità superava tutti i demonii. Io penso che Dio non permettesse che quello fosse il fine de’ suoi patimenti, e il riserrasse a più gravi supplizii, da quel malvaggio sostenuti come siegue».

«Era vescovo di Cizico un Eusebio, uomo non meno di Giovanni molesto a quanti avessero a fare con lui. I Ciziceni lo aveano fatto conoscere all’Imperadore pel cattivo soggetto ch’egli era. Ma non essendosi potuto riuscire ad abbatterlo, poichè sapeva far fronte ai loro maneggi con fortissimi appoggi a forza di denaro procacciatisi, alcuni giovani cospirarono contro di lui, e lo uccisero in mezzo al foro di Cizico. Passava odio mortale tra Giovanni ed Eusebio. Per lo che nacque sospetto che Giovanni avesse avuta mano nel fatto. E spediti alcuni senatori a far processo del delitto commesso, questi incominciarono dal metterlo in prigione: poi, come se stato fosse un ladrone, e un assassino da strada, ordinarono che nudo comparisse innanzi ad essi egli già prefetto del Pretorio, ascritto all’ordine de’ patrizii, e stato assiso sulla sedia consolare, dignità maggiore della quale niun’altra era nella repubblica romana. Ivi, stracciategli dal dorso le carni a colpi di verghe, fu costretto ad esporre tutta la sua vita passata; nè per que-