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Antonina presso ad una siepe, di dietro alla quale essa medesima avea appostati Narsete e Marcello, onde udissero i discorsi che si sarebbero fatti. Ivi mentre Giovanni incautamente prometteva l’opera sua per rovesciare dal trono l’Augusto, e la promessa confermava con gravissimi giuramenti, Narsete e Marcello se gli gittarono addosso; e fattosi in quel parapiglia, com’era inevitabile, alquanto strepito, immantinente i satelliti di Giovanni piantati poco lungi corsero a lui. Allora egli adoperando contro gli assalitori la spada, percosse Marcello senza conoscerlo; ed in compagnia de’ suoi precipitosamente si trasse alla città. Dove se a dirittura si fosse arrischiato di presentarsi all’Imperadore, non dubito punto che non gli fosse riuscito di passarsela senza mala conseguenza. Ma egli corse a rifugiarsi in chiesa, lasciando all’Augusta e tempo e modo di saziare l’odio che gli portava».

«Adunque scaduto dalla prefettura, e ridotto a stato privato, dalla chiesa, in cui si era fidato, venne deportato ad altra, che trovasi nel sobborgo ciziceno detto Artace. Ivi prese il nome di Pietro, e contro sua voglia fu fatto sacerdote, non però vescovo, ma soltanto prete, come comunemente si dice. Però non volle in veruna maniera esercitare le funzioni dell’ordine, onde non chiudersi il passo alle dignità civili: chè non potè mai indursi a deporre le pazze speranze concepite. I suoi beni vennero ben tosto confiscati, una non piccola porzione de’ quali pur gli rimise lo stesso Augusto trattandolo ancora con indulgenza. In quel soggiorno Giovanni libero da ogni timore, e provveduto di gran de-