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Erano, siccome fu già detto, tra il popolo due fazioni. A quella de’ Veneti egli si attaccò, già dianzi fattasi amica; e così venne a confondere e turbare tutte le cose a segno, che lo Stato de’ Romani di già declinante rovesciò. I Veneti, quantunque e sediziosi e al cattivo suo genio in tutto ubbidienti, in mezzo alla crescente generale calamità pur furono riguardati per uomini moderatissimi soltanto per questo che parcamente abusarono della loro conceduta facoltà di far male. Dal canto loro i Prasini, che ivano tumultuando, non si contennero: ma come videro di potere, abbandonaronsi ad ogni misfatto, quantunque di tempo in tempo con occulti supplizii fossero puniti: il che però ogni giorno li rendea più arditi. E come accade, che gli uomini provocati da ingiurie volgono l’animo a far peggio; dall’ansa, e dagli eccitamenti, ch’egli palesemente dava ai Veneti, tale pubblica tribolazione nacque, che tutto il romano Imperio videsi scosso nelle sue sedi, come se da’ nemici venissero devastate le città, o da tremuoti atterrate, o da alluvione sommerse. Perciocchè tutto qua e là fu tolto di posto, e rovesciati diritti e leggi, lo Stato intero della repubblica venne conquassato e confuso. Immantinente i faziosi incominciarono a coltivare la chioma, e in nuova, ed a’ Romani straniera moda, a tagliarla: lasciaronsi crescere la barba e i mustacchi, e questi venir lunghi all’uso persiano: si rasarono i capelli sulla fronte, e alle tempia; e al di dietro lasciaronli andar liberi e sparsi, come facevano i Massageti: costumanza che fu chiamata unnica. Tutti poi vollero vestimenti fatti con grande artifizio, e più splendidi di quanto compor-