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DELL’ASINO D’ORO 395

Tu ti resterai solo in questa cella,
     E questa sera al tornar menerotti
     12Dove tu possa a tuo modo vedella.
Non uscir fuor, questo ricordo dotti;
     Non risponder, se un chiama; perchè molti
     15Degli altri questo errore ha mal condotti.
Indi partissi; ed io, che aveva volti
     Tutti i pensieri all’amoroso aspetto,
     18Che lucea più che tutti gli altri volti,
Sendo rimaso in camera soletto,
     Per mitigar, del letto i’ mi levai,
     21L’incendio grande, che m’ardeva il petto.
Come prima da lei mi discostai,
     Mi riempiè di pensier la saetta
     24Quella ferita, che per lei sanai.
E stav’io come quello, che sospetta
     Di varie cose, e se stesso confonde,
     27Desiderando il ben che non aspetta.
E perchè all’un pensier l’altro risponde
     La mente alle passate cose corse,
     30Che il tempo per ancor non ci nasconde;
E qua, e là ripensando discorse,
     Come l’antiche genti alte, e famose,
     33Fortuna spesso or carezzò, e or morse.
E tanto a me parver maravigliose,
     Che meco la cagion discorrer volli
     36Del variar delle mondane cose.
Quel che rovina da’ più alti colli
     Più ch’altro, i Regni, è questo, che i potenti
     39Di lor potenza non son mai satolli.
Da questo nasce, che son mal contenti
     Quei ch’han perduto, e che si desta umore
     42Per ruinar quei, che restan vincenti.