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DELL’ASINO D’ORO 393

Ma più oltre veder mi fu disdetto
     Da una ricca, e candida coperta,
     93Con la qual copert’era il picciol letto.
Era la mente mia stupida, e incerta,
     Frigida, mesta, timida, e dubbiosa,
     96Non sapendo la via quant’era aperta.
E come giace stanca, e vergognosa,
     E involta nel lenzuol la prima sera,
     99Presso al Marito la novella Sposa;
Così d’intorno pauroso m’era
     La coperta del letto inviluppata,
     102Come quel ch’in virtù sua non ispera.
Ma poichè fu la donna un pezzo stata
     A riguardarmi, sogghignando disse:
     105Sare’ io d’ortica, o pruni armata?
Tu puo’ aver quel, che sospirando misse
     Alcun già, per averlo più d’un grido,
     108E fe’ mille quistioni, e mille risse.
Bene entreresti in qualche loco infido,
     Per ritrovarti meco, o nuoteresti
     111Come Leandro infra Sesto, ed Abido;
Poichè virtute hai sì poca, che questi
     Panni che son fra noi, ti fanno guerra,
     114E da me sì discosto ti ponesti .
E come quando nel carcer si serra
     Dubbioso della vita, un peccatore,
     117Che sta con gli occhi guardando la terra;
Poi s’egli avvien, che grazia dal Signore
     Impetri, e’ lascia ogni pensiero strano,
     120E prende assai d’ardire, e di valore;
Tal er’io, e tal divenni per l’umano
     Suo ragionare, e a lei mi accostai,
     123Stendendo fra’ lenzuol la fredda mano.