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DELL’ASINO D’ORO 389

Da questo venne il tuo primo martoro;
     Da questo nacque al tutto la cagione
     99Delle fatiche tue senza ristoro.
Non ha cangiato il Cielo oppinione
     Ancor, nè cangierà, mentre che i Fati
     102Tengon ver te la lor dura intenzione.
E quelli umori, i quai ti sono stati
     Cotanto avversi, e cotanto nemici,
     105Non sono ancor, non sono ancor purgati.
Ma come secche fien le lor radici,
     E che benigni i Ciel si mostreranno,
     108Torneran tempi più che mai felici;
E tanto lieti, e giocondi saranno,
     Che ti darà diletto la memoria
     111E del passato, e del futuro danno.
Forse che ancor prenderai vana gloria,
     A queste genti raccontando, e quelle
     114Delle fatiche tue la lunga istoria.
Ma prima che si mostrin queste Stelle
     Liete verso di te, gir ti conviene
     117Cercando il mondo sotto nuova pelle.
Che quella Provvidenza, che mantiene
     L’umana spezie, vuol che tu sostenga
     120Questo disagio per tuo maggior bene.
Di quì conviene al tutto che si spenga
     In te l’umana effigie, e senza quella
     123Meco tra l’altre bestie a pascer venga.
Nè può mutarsi questa dura Stella;
     E, per averti in questo luogo messo,
     126Si differisce il mal, non si cancella.
E lo star meco alquanto t’è permesso,
     Acciò del luogo esperienza porti,
     129E degli abitator, che stanno in esso.