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ad un tratto mostrare l’errore loro, e sollevare in qualche parte la vostra città dalle angustie in le quali si trova con la restituzione di Pietrasanta. E quì le mostrammo il bene che ne seguirebbe con quelle parole ci concedeva il tempo e la qualità dell’udienza, raccomandando la città, e mostrando quanta era la fede vostra e la malignità di quelli, che non si erano vergognati temerariamente accusare le SS. VV. di aver mandato all’Imperatore; e perchè la non era cosa ragionevole, non pensavamo scusarla altrimenti. Sua Maestà rispose gratamente, che se gli Ambasciatori erano presti, gli era molto accetto, perchè conosceria VV. SS. volere esser quelle che le sono state per l’addietro, e che le dicono volere essere per l’avvenire, ma più ancora lo conoscerebbe, quando le non vorranno che lui riceva danno di quello che per scritto e convenzioni fatte debbono pagare. Ed hanno in su questi benedetti danari pagati a’ Svizzeri e ad altri per voi, dopo la levata del campo da Pisa, con parole e termini gravi da considerargli in bocca di un potentissimo; dicendo: quando quelli vostri Signori si discostassino da questo, io penserei che non fossino miei amici, e di valermene ad ogni modo. E volendo noi replicare, e narrare la disonestà de’ Svizzeri, e il mal servito loro, rispose essere malissimo contento; ma che lui proprio era stato taglieggiato da loro, e convenivagli aver pazienza, come conviene ora avere alle SS. VV. ritornando sempre in su danari si ha sborsati, e che non aveva avuto rimedio per non guastare e perturbare le cose che corrono e travagliansi nella Magna, che gli sono a cuore, e desidera aspettare; sicchè le VV. SS. è necessario ne lo satisfacciano. Noi replicammo che questi Oratori verrebbono, e che noi credevamo che delle cose ragionevoli e possibili le SS. VV. sarebbono sempre per seguire la consuetudine loro; e che Sua Maestà fussi contenta aspettare la venuta di quelli a giudicare l’animo loro. A che rispose, che era ben contento, e che allora