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146 falaride primo.

necessario a noi altri tiranni che comandiamo per forza, e viviamo tra nemici ed insidiatori, coi quali non giovano spauracchi, ma si ha a fare come con l’idra della favola. Che quanto più scavezziamo, tanto più rinascono occasioni di punire. Ci bisogna pazienza: la rinasce, e tu tagli, e bruci, come faceva Jole, se tu vuoi regnare. Chi una volta si è messo su questa via per necessità, deve batterla; o se perdona, muore. Infine qual uomo credete voi sì feroce ed inumano che si piaccia di udire gli altri essere flagellati e lamentarsi, e di vederli uccidere, se non abbia una gran cagione di punire? Quante volte ho pianto mentre alcuni erano flagellati; quante volte sono costretto a deplorare la mia fortuna, mentre io soffro una pena maggiore e più lunga della loro! Ad un uomo che per natura è buono, e per necessità è crudele, è più duro il punire che l’essere punito. Ma a dirvela schietta, se uno mi proponesse quale delle due cose io voglio, punire altri ingiustamente, o morire io, oh sappiate che io non indugerei a scegliere piuttosto morire che punire chi non ha peccato. Ma se uno dicesse: Vuoi, Falaride, morire tu ingiustamente, o punire giustamente i tuoi insidiatori? vorrei essi. Consigliatemi voi, o Delfi, anche su questo punto: quale è meglio morire ingiustamente, salvare ingiustamente chi t’insidia? Non credo ci sia uomo tanto sciocco che non iscelga piuttosto vivere, che per salvare i suoi nemici morire. Eppure quanti di quei miei insidiatori, e chiariti rei, io salvai, come questo Acanto, e Timocrate, e Leogora costui fratello, ricordandomi dell’antica amicizia che ebbi con essi? Ma quando volete conoscere il fatto mio, dimandate i forestieri che mi capitano in Agrigento, chi sono io verso di loro, se tratto con benignità quanti ci arrivano. Ho vedette nei porti per esplorare chi sono e donde approdano, acciocchè io possa convenevolmente onorarli e rimandarli. Alcuni ancora vengono a posta da me, e sono sapientissimi Greci, e non fuggono il conversare con me: come poco fa ci venne Pitagora, che aveva di me un’opinione contraria, ma poi che vide e toccò con mano i fatti, se ne parti lodando la mia giustizia, e commiserando la necessaria crudeltà. E credete voi che un uomo benigno con gli strani, sia così oltraggioso verso i suoi, se non è stato soverchiamente