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42 poesie

     Chi fregia, chi fa chiari
     Delle forti corazze i ricchi acciari,
     Chi sull’elmo dorato alza cimieri.
10Perchè risplenda in petto
     Ferita, testimon d’alta virtute,
     Però prende diletto
     Alma gentil infra saette acute;
     Or Tosca gioventute
     15Che fa di bella pace ai dì soavi?
     Gode tazze e vivande?
     Condannato consiglio, infamia grande
     Sprezzar prodezza, e traviar dagli avi!
Sferza destrier’, che indarno
     20Vento sen va, che lor seguir s’ingegni,
     O nel bel seno d’Arno
     Remi contorce, e fa volare i legni;
     Appende angusti segni,
     E lor nel mezzo con la lancia fere:
     25Per così fatte guisa,
     Lunge dal pianto delle squadre ancise,
     S’appresta ad acquistar l’arti guerriere.
Non è vil meraviglia
     Dal diletto crearsi il giovamento;
     30Quinci ben si consiglia
     Un cor nell’ozio alle bell’opre intento.
     Io ben già mi rammento
     Sul campo Eléo la gioventute Argiva
     Far prova di possanza;
     35Ed oggi godo in rimirar sembianza
     Di quel valor sulla Toscana riva.
Spettacolo giocondo!
     Trasvolare dell’aria ampio sentiero
     Cuojo grave ritondo,
     40In cui soffio di vento è prigioniero;
     Lui precorre leggiero
     Il giuocator, mentr’ei ne vien dall’alto;
     E col braccio guernito
     D’orrido legno lo percuote ardito,
     45E rimbombando lo respinge in alto.
Gode il teatro, e lieti
     S’odon gridar per maraviglia i cori;
     Intanto i forti atleti
     Per le trascorse vie versan sudori.
     50Quali armati furori
     Virtù d’uomin sì destri e sì possenti
     Unqua terranno a segno?
     Trastullo militar, scherzo ben degno
     Del saggio re, che n’arricchì le genti.
55Posciachè Ulisse al fine
     Lasciò le mura d’Ilïon disperse,
     Ei per le vie marine
     Incontrò d’Aquilon tempeste avverse;
     E male allor sofferse
     60Lo stuol seguace d’arrestarsi in porto.
     Ratto il vulgo s’adira,
     Se conteso gli vien ciò che desira;
     Ma diè rimedio il capitano accorto.
In sul campo arenoso
     65Gittò dell’aure avverse utri gonfiati,
     Indi in vista giojoso
     Così parlava a’ popoli adunati:
     Non hanno d’Eolo i fiati
     Per li regni del mar lunga fermezza;
     70Diman lieto e sereno
     Empierà vento a nostre vele il seno,
     Ed oggi de’ nocchier l’arte disprezza.
Di lor sì fatto è l’uso,
     Ma quel, che in voi nojando or si diletta,
     75Eccolo qui rinchiuso;
     L’avete in man, fate di lui vendetta.
     Gente dal cielo eletta
     In armi a rischiarar nostra potenza
     Con corone immortali,
     80Quaggiuso in terra le miserie e i mali
     Tutte sa soverchiar la sofferenza.
Sì disse; e su quel piano
     La sciocca plebe a’ non intesi accenti,
     E con piedi e con mano
     85Battea le pelli, e fea balzarne i venti;
     Poscia le sagge menti
     Spesero intorno a ciò l’ingegno e l’arte:
     E quinci in ogni loco
     E per ogni stagion fu visto il gioco,
     90Che a ragion si può dir gioco di Marte.

LXII

PER LI GIUOCATORI DEL PALLONE IN FIRENZE

L’estate dell’anno 1619

Melpomene, di fior sparsa le gote,
     E di neve il bel seno,
     Sull’Argivo terreno
     Già si fe’ giuoco di volubil rote,
     5E per lo campo Eleo forti cursori
     Già travagliaro il piede,
     E corona si diede
     Allo studio gentil de’lor sudori:
     Certo a ragion; perchè virtù s’avanza,
     10Ov’ella di mercè prende speranza.
Ora sull’Arno a gioventù, che spande
     Sudore in giuochi egregi,
     Melpomene quai fregi,
     Deh dimmi, e quali si daran ghirlande?
     15Io così dissi, ed ella indi rispose:
     Porgi gli orecchi attenti;
     Io con giocondi accenti
     Cose dirotti al vulgo vil nascose:
     Poi sulla cetra d’ôr la bella Diva
     20Rosate labbra a queste note apriva:
Tempo già fu, che per li monti errante,
     E per le Frigie selve
     Guerreggiator di belve,
     Un rapido garzon movea le piante,
     25Ben largo il petto ed allenato il fianco,
     Bruni gli sguardi e vivi,
     E per li campi estivi
     Tinti alquanto gli avorj, ond’era bianco
     Il nobil volto, ed avea d’ôr le chiome,
     30Acero per ciascun chiamato a nome.
Per sua beltà nelle foreste d’Ida
     Cento Ninfe penaro,
     Ma d’incendio più chiaro
     Arse le vene e si distrusse Elvida;
     35Nè fu scarsa di pianti e di lamenti;
     Anzi preghiere offerse:
     Ma pur tutte disperse
     Quell’indurato cor lasciolle a i venti:
     Ond’ella al fin del cacciator crudele
     40Fece con Berecintia aspre querele: