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358 PROSE

quale ammaestri, ma come uno che discorra, nè dica quello ch’è vero ma quello che a lui pare, lasciando ai saggi determinare saldamente le questioni.

Ben vi confesso, che qualora io leggo in Pindaro quei vocaboli composti co’ quali egli pure con una parola chiama il fulmine infaticabile di più, e la pace ingranditrice delle città, e somigliantemente quando leggo in Omero, che Teti aveva il piede d’argento, e ciò dice in una parola, e che Giove è adunatore di nembi, e che Nettuno aveva chiome cerulee, e molti altri così composti vocaboli, io mi fermo in leggendo, e con maraviglia prendo a pensare quanto eccellenti fossero quei poeti, poichè tanto fannomi maravigliare. E siccome una vergine peregrina facendomisi incontra tirami a sè, così le poesie ricche di sì fatti ornamenti mi costringono a leggerle volentieri, e mi dilettano a maraviglia. E quale uomo non si sente commovere suavemente udire in Virgilio il mare vehiculum? e’ centauri bimembres, ed Esculapio febigermani? E di qui io di buon grado, anzi con desiderio aspetto che nelle volgari composizioni siano creati così fatti adornamenti. E poichè voi tacete, io dichiarerò quello che per voi stimo the si dimandi senza parlare, ed è: Qual modo dovrebbesi tenere a così comporre insieme le voci, acciocchè bene elle stessero? Primieramente io lascio a banda alcune parole composte, le quali a’ volgari scrittori sono venute già fatte da’ Latini, perciocchè odorifero, lucifero, e quelle di questa schiera noi le udiamo come un vocabolo per sua naturalezza così formato, e non per ingegno di scrittore: dico appresso, che si giungono alcune particelle ai verbi, e, per tal via riescono voci doppie, come da sovra montare sormontare, e sono gentili artificj, ma non sono tuttavia quelli in cui l’uditore fermasi con maraviglia. Ed ancora suolsi raddoppiare il vocabolo giungendo il nome al verbo, come il reo tagliaborse, che nell’ idioma italiano non ha leggiadria. Questa composizione di voci ne anco, per vero dire, molta fatica pare ch’ella voglia per farsi, direi pertanto che deesi giungere un nome ad un altro nome in modo che uno almeno si storpiasse nell’annestarsi insieme, e deesi fare in modo che, innestati e divenuti uno, il vocabolo chiaramente esprima, e disciogliendosi, non rimanga forma di bel parlare e nulla significhi. Ecco Virgilio chiamò i centauri bimembres; e subito noi intendiamo che essi hanno due maniere di membra, ma separando la voce di bi e membres niuna forma tengono d’idioma latino. Consentite che io dimessamente parli e come uomo di plebe, perciocchè meglio in tal modo mi faccio intendere, e non cresco esempi, bastando per uno per additarvi il concetto del mio animo.

B. Qui non siamo a trattare salvo per farvi chiaro de’ miei dubbi, nè questo ragionamento giammai giungerà alle altrui orecchie, e di qui non si vuole in alcun modo adornarlo, e per avventura questioni sottili di cose minute scacciano da sè ogni qualità di favellare, fuori che la chiarezza. Ma voi dovete dirmi per qual via in buon volgare possono bene innestarsi due voci sì che divengano una e chiaramente significhino, e come si dia loro uno storpio leggiadro e, disciolte che fossero, niente ragionevolmente esprimessero, e, ciò facendo, a gran ragione vi si dovranno la verdea, e la vernaccia ed i poponi.

P. Voi mi rinfrescate alla mente la mercede acciocchè io non schifi la fatica, dunque ingegnerommi di dire così. Giungerei un nome sostantivo ad un aggettivo, parlando come si parla in scola grammaticale da’ fanciulli: ma che volsi fare? miglior modo non ci è dato da dichiarare manifestamente queste materie. Giungerei , dico, quei nomi, e ad uno di loro o scemerei o cangerei alcuna sillaba o lettera, e sopra tutto io prenderei cura che, distaccati, i vocaboli non significassero secondo regola grammaticale. Dante intendendo di un grifone disse animale binato, e perchè questa bestia si rappresenta mezzo destriero e mezzo uccello lo nominò come s’egli fosse nato di due, e ciò manifestamente il comprende per chi leggo, ma disciogliendosi il bi e nato nulla comprenderebbesi per loro, e qui il bi non è parola intiera ma scema. Omero appellò Nettuno con un aggiunto di chiome cerulee, il quale volgarizzandosi si direbbe chiomazzurro: qui la lettera a della chioma vassene, e distaccandosi le voci Nettuno, azzurro, chioma non sarebbe volgare da scriversi, e tuttavia innestate quelle note fannosi ben intendere.

B. Mostra che questa maniera di favellare sia per quella figura da’grammatici nominata sineddoche.

P. Pensate meglio, e sì troverete che non è vero, perocchè a ben volgarmente parlare quivi vien meno l’articolo. Udite: Nettuno chiomazzurro, vien a dire che Nettuno ha le chiome azzurre, facendosene la figura sineddoche, conviene adoperare l’articolo, e dire Nettuno azzurro le chiome, e così leggiamo nei versi del Petrarca: Vergine bruna, i begli occhi, e le chiome. E riducendo la figura in parlare usitato si scriverebbe Nettuno ha le chiome azzurrate, ma dire Nettuno ha le chiome azzurre non suona bene, e se alcuna volta per forza di lingua, ciò che io vi dissi, favellasse, per lo più non fallirà. Dico più innanzi, che è da por mente che giungendo in comporre vocaboli con nome sostantivo ad un aggettivo, deesi prendere guardia ch’essi nomi siano varj fra loro, e mi dichiaro con esempio. Se alcuno volesse dire che la valle è adorna di rose, e dicesse valle rosadorna comporrebbe bene, ma perchè valle è voce femminile, e rosa pur voce femminile lascerebbe il lettore con oscurezza, ma se si scrivesse prato rosadorno, quella condizione di ornamento non può concedersi alla rosa, essendo ella voce femminile, e prato ed adorno maschile. Ed in tal guisa stimo io che forse potrebbesi ben congiungere un nome sostantivo ad uno aggettivo, ma se altri congiungesse due nomi, ed ambidue fossero sostantivi, sarebbe più ingegnosa la sua opera, e trovo in