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302 POESIE

     Gelopea non consente?
     Or se’ tu così folle di maniera,
     Che credi, ch’una donna
     Vincer non si potrà dalle ricchezze?
     Mal conosci i costumi femminili.
     Filebo odi l’amico,
     Tu negli amor perduto non procuri
     I domestici affari;
     Tu non pasci la greggia; tu non ari,
     Ne fai provvedimento
     Alcun per la vecchiezza;
     Ella piena di guai
     Ti fia tosto alle spalle; e Gelopea
     Non ti tornerà giovine; Filebo
     Filebo ama te stesso, e non altrui:
     Con questo io vo’ lasciarti.
     Perchè venir non vuoi: statti con Dio.

SCENA II

Filebo solo.

     Gelopea più vaga a rimirarsi,
     Ch’un praticel fiorito per l’aprile
     Quando si leva l’alba, più soave
     A sentirsi parlar, ch’un fiumicello,
     Che vada lento lento mormorando
     Giù per le rive erbose, più leggiadra
     A vedersi danzar ch’un zefiretto,
     Che voli su l’erba ripiegando
     Le cime tenerelle: o Gelopea
     Gloria di questi monti: onor di queste
     Valli, lume, e chiarezza di quest’aria,
     Tutta bellezza, tutta gentilezza,
     Tutta dolcezza, e pur trovansi ciechi,
     E pur trovansi sordi, che biasmando
     E riprendendo vanno il mio seguirti,
     E desiarti? Ma se questi tali
     Or mi dessero biasimo, perch’amo
     Le mie pupille, doverei cessare
     D’amar le mie pupille per udirli?
     E che far doverei delle pupille
     Se mirar non dovessi la tua fronte?
     Le tue guancie? i tuoi labbri? e finalmente
     Tutta te stessa? io certo son fermato
     Non accettar consiglio, se non viene
     A consigliarmi Amore; eternamente
     Son per esserti amante; io lo giurai
     A’ tuoi begli occhi ardenti; e qui d’intorno
     I testimoni son del giuramento,
     In mille piante di questa foresta
     lo già l’ho scritto; e su per le montagne
     In più di mille pietre hollo intagliato:
     Esse dureran sempre, e sempre mai
     È per durare il mio proponimento;
     Io voglio, ch’a costui si doni vanto
     Di liberare gli uomini dal biasimo
     Di esser di poca fede, ed incostanti;
     Or tu dall’altra parte, o Gelopea,
     Mostraci, che la grazia, e la bellezza
     Non è la sola gloria delle donne,
     Ma ch’amano la fede: in queste selve
     Sono rare a contar le pastorelle,
     Che sian fedeli: ognuna volentieri
     Si lascia comandar dalle ricchezze,
     E dispregia la fede; or tu sì bella
     Non esser così fatta, e per la gloria,
     Che a te si donerà della fermezza;
     E per la vita mia, che verrà meno
     Se tu mi saria tolta. Io veramente
     Non ho gregge, nè campi onde servirti
     Come Berillo, ma so ben che ’n petto
     Richiudo un core, onde posso adorarti
     Più, che cento Berilli.

ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Urania e Berillo.

Uran. Io veramente debbo
     Renderti mille grazie,
     Che tu m’abbia voluto
     Fa parte, e consigliarti
     Meso del tuo pensiero;
     Perchè per questo
     Mi si porge materia
     Di farti giovamento,
     Siccome di far sempre ho procurato,
     E come son tenuto;
     Ma per niuna via
     Io son per consentirti il dipartire
     Di casa, abbandonando
     E uo padre, e tua madre;
     I quali han per sé stessi
     Cotanto di conforto solamente
     Quanto ti son d’appresso;
     Io non crederò già che’n paragone
     Ti voglia per l’amor di Gelopea
     Con l’amor di tuo padre; e di tua madre
     Ma credimi per certo,
     Che non ti sarà forza allontanarti
     Per uscir dell’affanno
     Che ti porge l’amor di Gelopea:
     Perocchè certamente
     To arai la tua sposa:
     E vicino di lei,
     E vicino de’ tuoi
     Goderai la bellezza, della quale
     Tu oggi disperato
     Te ne volevi andar peregrinando
     A perder la memoria.
Ber. Urano io già da vecchi
     Aveva dire inteso,
     Che contra dell’Amor la lontananza
     Era ottimo rimedio:
     lo fatto aveva prova
     E però poi, che indarno
     Di guadagnarmi questa pastorella
     Si bella ed ostinata,
     Voleva allontanarmi da quegli occhi,
     Onde nasce la fiamma,
     Che mi ha già quasi tutto incenerito.
Uran. Berillo a così fatte medicine,
     Le quali son l’estreme