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266 poesie

85Mandava giù nel cor fiamme amorose
Fissamente mirando: ella i rubini,
Che le ridono in bocca alquanto aperse,
E con ciglia dimesse a lui rispose:
Viva il gran re delle provincie Perse,
90E tu, cui saggio il gran Signor commette
Ognor dell’armi sue l’alta possanza;
Ma contra il Re della celeste Corte
È del popolo mio sì duro il core,
Che Dio per ira l’abbandona a morte:
95Quinci sconfitti in vostra man fian dati,
E nell’alto si vuol, che al tuo sapere
I decreti di Dio sian manifesti.
Io verso sua bontà farò preghiere,
Ch’ei mi riveli il dì de’ tuoi trofei,
100Ed ei, che irato ama punir quegli empi,
Il mi dirà: per modo tal ragiona,
Ed ogni ciglio era rivolto in lei.
Chi la sublima per gentil beltate,
Chi di senno sovran le dà corona:
105Come sen van per la primiera estate
Su gioconda foresta a par col giorno
Nobili damigelle; una dall’aura,
Ch’Euro sospira è lusingata, ed altra
Gioisce in vagheggiar l’erba novella,
110Ed altra all’onda, onde la piaggia è vaga,
Dà vanto; e pur ciascuna in quei sentieri
Diversamente in suo lodar favella;
Tal con Giuditta fean quei Cavalieri.
Ma la lingua Oloferne a dir disciolse:
115Fu consiglio di Dio, che ti sottrasse,
Siccome affermi, di Betulia a’ guai,
E che le tue vestigia a noi rivolse;
Ove non solo alta mercede avrai
Dal mio Signor, ma per li regni Eoi
120Con grido eterno glorïosa andrai,
E dal suo scettro ogni sublime altezza
Si farà riverente a’ pregi tuoi,
Che son sommo valor, somma bellezza.
Qui tacque, e dice al suo fedel Bagoa:
125Sotto pena di morte a te sia chiaro,
Che ogni sua contentezza è mio volere.
Ella inchina risponde: I tuoi favori
Son per sì vile ancella oltre misura:
Solo chieggo io, che tra’ notturni orrori
130Mi si conceda uscir per la foresta
Senza divieto, e che all’usanza Ebrea
Il sommo Dio liberamente adori.
Piega Oloferne a quel suo dir la testa,
E con l’occhio infocato, e col sembiante
135Mostra l’animo pronto a farla lieta,
E fa veder ch’ei si rimane amante.
Giuditta udendo muove fuori i passi,
Ed è scorta colà, dove risplende
Tenda di seta, e di lavori altieri;
140Quivi riposa il piè, quivi soggiorna,
Tempo attendendo agli alti suoi pensieri.
Ma d’ogni altro pensier sgombrando il petto
Langue Oloferne tra novello ardore;
Ora speme il solleva, ora temenza
145L’abbatte sì, che in varie guise oppresso
Di dolcissimo fiel nudrisce il core,
E quando afflitto di desir vien meno,
Chiama Bagoa, e così fa sentirsi:
Bene apre il varco alle guerriere imprese
150Questa gentil, che di Betulia viene,
Ma col soave ardor degli occhi suoi
L’alta beltate ha le mie voglie accese:
Dunque real convito oggi s’appresti,
E che non sdegni del venir l’invito,
155Tu pur con esso lei forte procura;
Forma per ogni via prieghi soavi,
E che della mia fè nulla paventi,
Ma d’ogni suo desir falla sicura.
Si dice il Perso, e quel fedele inchina
160Il tergo, e forma così fatti accenti:
Viene soletta, e vagamente ornata,
E promette aitar gente nemica,
E casta durerà? perchè io lo creda
Non sia lingua mortal, che oggi mel dica.
165Ah che chiuso desir qui la sospinge;
Arde, Signor, di ti si dare in preda.
Sì dicendo s’atterra, indi diparte,
E va là dove è di Betulia il Sole,
E con le mani al petto ivi l’adora,
170E dice: Donna, a cui simil non vide
L’occhio non pur, ma nè l’uman pensiero,
Qual sarà prova ad onorar tuo merto,
Che oggi per te fuor di ragion si aspetti?
Il Signor, che obbligasti è si cortese,
175Che a gran valor gran guiderdon fian certi.
Intanto egli festeggia, e manda e prega
Per me suo servo, acciò con tua presenza
Al convito real tu cresca onore;
Se il gran lume del cielo unqua non niega
180Suoi raggi al mondo, e dall’Occaso all’Orto
Ricreando i mortali, ei gli dispiega,
E tu degli occhi tuoi danne conforto.
Sì parla, e trarla tenta al suo volere.
Giuditta il guardo onestamente abbassa,
185E con voce soave indi favella:
Soverchi, amico, se ne van tuoi detti,
Che del grande Oloferne io sono ancella.
Allora il servo move lieto intorno,
Chiamando i Duci alla gran festa eletti:
190Ma l’alta Donna ogni sapere adopra,
Perchè via più la sua bellezza splenda,
E di bei raggi più sfavilli il viso:
Il biondo crine ella innanella, e sopra
Vi stende velo, acciocchè scherzi all’aura,
195E sul collo alternò perle e zaffiri,
Con verace splendor d’Indiche gemme
Ornò l’orecchie, e delle belle braccia
La neve, ad infiammar gli altrui desiri;
Indi sovra aurea gonna un manto allaccia;
200E qual de’ gigli infra il candor l’Aurora,
E con bel crine in Orïente ascende,
Così fatta Giuditta entra là, dove
Cinto di cavalier l’arso Oloferne
Con lunga brama il suo venire attende.
205Ei vien tutto pallor, tutto rossore;
Poi fa seco sederla, e mille cetre
Odonsi allora unitamente; e quale
Velloso armento in rugiadose piaggie
Al dolce mormorar di rivi amati
210Divora per April paschi fioriti,
Cotale in vasi d’ôr quei sommi Duci
Con lieti sguardi, e con gioconde fronti
Faceansi a bere graziosi inviti.
Bacco cresciuto, al Sol, nato nei monti
215Ad altissima voce ognun chiedea;
Ed in questa fra lor lieto Adenghile,