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130 poesie

Su quel punto io vo pensando,
     Che pregando
     Risvegliar pietà potrei,
     Onde affino atti e parole,
     35Che al bel Sole
     Ho da far degli occhi miei.
Sì fornito di lamenti,
     Che pungenti
     Vanno al cor di chi gli ascolta,
     40Cerco i lumi desiati,
     E trovati
     Gli abbandono un’altra volta.

LIX

Invito a cantar d’Amore.

Vagheggiando le bell’onde
     Sulle sponde
     D’Ippocrene io mi giacea,
     Quando a me sull’auree penne
     5Se ne venne
     L’almo augel di Citerea.
E mi disse: O tu, che tanto
     Di bel canto
     Onorasti almi Guerrieri,
     10Perchè par che non ti caglia
     La battaglia,
     Che io già diedi a’ tuoi pensieri?
Io temprai con dolci sguardi
     I miei dardi,
     15E ne venni a scherzar teco;
     Ora tu di giuoco aspersi
     Tempra i versi,
     E ne vieni a scherzar meco.
Sì dicea ridendo Amore:
     20Or qual core
     Scarso a lui fia de’ suoi carmi?
     Ad Amor nulla si nieghi,
     Ei fa prieghi,
     E sforzar potria con armi.

LX

Disperazione amorosa.

Poichè fu ricco di sospiri Amore,
     Ed abbondò di pianti,
     E procacciò per mille vie dolore
     Da tormentare Amanti,
     5Non bene sazio,
     Che anima sua fedel s’affligga e piagna,
     A farne strazio
     L’iniqua Gelosia volle compagna.
O d’Erimanto boschi, o di Nemea,
     10O spelonche di Lerna,
     Che dico io lasso! o da soffrir men rea
     Qualunque pena inferna.
     Ma deh che giovano
     Sopra tanto martíre alti lamenti,
     15Se non ritrovano
     Nella corte d’Amor tregua i tormenti?
Misero cor! più non riman speranza;
     Messo ha l’ali il gioire,
     Per nostro scampo solamente avanza
     20Il punto del morire:
     O Clori, giurasi
     La possanza del Cielo e de’ Celesti,
     E poi non curasi,
     Che di Giove la man tuoni tempesti?
25Omai del Sol sian tenebrosi i rai,
     Nè sia mai ciel sereno,
     Il mar s’asciughi, ed alla terra omai
     Venga il sostegno meno;
     Tanta perfidia
     30A sì nobile spirto amando piacque?
     Io porto invidia,
     Ah per certo la porto a chi non nacque!

LXI

Invano si sdegna con la sua Diva.

Tanto speranza vinsemi
     Nel mezzo del martír,
     Ch’ella a creder sospinsemi,
     Che un dì potrei gioir:
     5Filli mostrava accendersi
     In amoroso ardor,
     E meno a schifo prendersi
     Le fiamme del mio cor.
La fronte serenavasi
     10Cosparsa di pietà,
     E lo sguardo placavasi
     Tra’ raggi di beltà,
     La bella bocca aprivasi
     Col riso di rubin,
     15Indi cortese udivasi
     Il favellar divin.
Non paventò di porgermi
     L’avorio della man,
     E si degnò di scorgermi
     20Ove altrui piè non van:
     Ah crudo aspe di Venere!
     Chi porrà fede in te?
     Fu come al vento cenere
     Al fin tanta mercè.
25Sbiecarsi i raggi imparino
     Del tuo sguardo seren,
     Perfida Filli, e s’arino
     Le nevi del tuo sen:
     Ria febbre immedicabile
     30Ti strugga in fuoco e in gel,
     Per via, che miserabile
     Tu ti nasconda al ciel.
Misero piango, e dolgomi,
     Che altro omai far non so;
     35Lasso! ma non disciolgomi
     Da chi m’incatenò:
     Oimè, che non s’ascoltano
     Parole d’amator,
     E li sdegni si voltano
     40Pur in fiamma d’amor!