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108 poesie

IV

Scherza colla Ninfa.

Fra duri monti alpestri,
     Ove di corso umano
     Nessun vestigio si vedeva impresso,
     Per sentier più silvestri
     5Giva correndo invano,
     Distruggitore acerbo di me stesso:
     Dal gran viaggio oppresso
     Io moveva orma appena
     Affaticato e stanco;
     10E nell’infermo fianco
     A far più lunga via non avea lena,
     Tutto assetato ed arso,
     Di calda polve e di sudor cosparso.
Quando soavemente
     15Ecco che a me sen viene
     Amato risonar d’un mormorio:
     Volsimi immantenente,
     Nè più chiare o serene
     Acque gir trascorrendo unqua vidi io:
     20Fonte di picciol rio
     Fra belle rive erbose
     Discendea lento lento:
     Il rivo era d’argento,
     E l’erbe rugiadose, ed odorose
     25Per la virtù de’ fiori;
     Fiori, che avean d’April tutti i colori.
Come sì vinto io scôrsi
     Il puro ruscelletto,
     Che di sè promettea tanta dolcezza,
     30Così rapido corsi;
     E già dentro del petto
     Sentíöa di quell’amabile freschezza:
     Oh umana vaghezza,
     Ben pronta e ben vivace
     35A’ cari piacer tuoi,
     Ma sul compirli poi
     Rare volte non vana e non fallace!
     Lasso che posso io dire?
     Sparso è di mille pene un sol gioire.
40Sulla bella riviera
     Bella Ninfa romita
     Si facea letticel della bell’erba,
     A rimirarsi altiera
     Per beltate infinita,
     45E per fregi, e per abiti superba:
     Come mi vide, acerba
     Gli occhi di sdegno accese,
     E cruda in piè levossi,
     E di grand’arco armossi
     50La man sinistra, e con la destra il tese,
     Quanto poteo più forte,
     E prese mira, e disfidommi a morte.
Io riverente, umile
     Mi rivolgeva a’ prieghi
     55Tutto in sembianza sbigottito, e smorto:
     Alma Ninfa gentile,
     Perchè sì t’armi, e nieghi
     Un sorso d’acqua a chi di sete è morto?
     Mira, che appena io porto
     60Per questi monti il piede;
     Mira, che io m’abbandono:
     Fia per cotanto dono
     Ad ogni tuo voler serva mia fede:
     Deh serena la fronte!
     65Non, perchè io beva, seccherà tuo fonte.
Mentr’io così dicea,
     Ella pur come avante
     Di scoccar l’arco, e d’impiagar fea segno:
     Allora io soggiugnea:
     70O Ninfa, il cui sembiante
     Via più del ciel, che della terra è degno,
     Mira, che qui non vegno
     Sconosciuto Pastore
     Di queste oscure selve,
     75Nè d’augelli, o di belve
     Per la mercede altrui vil cacciatore:
     Io mi vivo in Permesso
     Caro alle muse, ed al gran Febo istesso.
Colà fin da prim’anni
     80Fu mia mente bramosa
     Le tempie ornarsi di famoso alloro;
     E con non brevi affanni
     Sulla cetra amorosa
     I modi appresi di sue corde d’oro:
     85Oh se per te non moro
     Digiun di sì bell’onda,
     Come per ogni etate
     A tua chiara beltate
     Ogni beltate si farà seconda?
     90Sgombra, o Ninfa, l’asprezza;
     Non risplende taciuta alta bellezza.
A questi detti il viso
     Ella girommi umano,
     Sicchè nel petto ogni paura estinse;
     95E con gentil sorriso
     I gigli della mano
     Bagnò nel fiume, e di quell’acque attinse;
     Indi vêr me sospinse
     La desïata palma
100Colma di dolce umore.
     Su quel momento, Amore,
     Di’ tu, che fu del cor, che fu dell’alma?
     Ob momento felice!
     Ma la memoria è ben tormentatrice.

V

Non si temono i tormenti d’Amore.

Se per vostro diletto, occhi, mi ardete
     Con sì leggiadri giri;
     E se voi, belle mani, or mi stringete
     Vaghe de’ miei martiri,
     5O occhi, ardetemi,
     Fin che mi si distrugga il cor nel seno;
     Mani, stringetemi,
     Fin che ogni spirto mio si venga meno.
Nella reggia d’Amor non suol chiamarsi
     10Lo strazïar fierezza,
     Se innamorato cor giunge a straziarsi
     Per sovrana bellezza:
     L’Amante eternasi
     Altero del martir nella sua morte:
     15Tanto governasi
     Per l’amoroso Dio mirabil Corte.
Già su cetera d’or meco il dicea
     Erato co’ bei carmi,