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98 poesie

Pianse così, che di cordoglio afflisse
     L’orride belve ne i selvaggi monti,
     Ed obbliaro giù dall’alpe i fonti
     Correre al mar, mentre piangendo ei disse:
25Se più mirar meco non è speranza
     Vostri bei rai, Stelle d’amore ardenti,
     Deh per pietà de i fieri miei tormenti
     Se ne tolga da me la rimembranza.
Ma che dico io? Solo contemplo il duolo,
     30Solo ne’ guai soglio trovar conforto,
     E solo aita porgo al cor già morto,
     Quando a voi col pensier men vegno a volo.
Dico fra me: qui lampeggiò quel riso;
     Qui fûro al vento quelle chiome sparte;
     35Qui disvelava il seno: e con quest’arte
     Torna alla vita il cor, che giacque anciso.
Ove rivolse de’ begli occhi un giro,
     Ove fermossi de’ bei piedi un passo,
     Ivi m’acqueto; e lagrimoso e lasso
     40Nell’immensa miseria ivi respiro.
Ahi lasso me! già di goder fui degno
     L’alta beltà, che oggi l’abisso onora:
     Di lei miei spirti già mantenni, ed ora
     Con larve immaginate io mi mantegno.
45Servi d’amor, che con catena acerba
     Soavemente a suo voler vi mena,
     Leggete omai nella mia lunga pena,
     A che duri tormenti ei ci riserba.

XXIV

A D. VIRGINIO ORSINI

DUCA DI BRACCIANO

La gloria guadagnarsi colle opere grandi.

Come leon, che alle foreste intorno
     Corse digiun, se alla magion sen riede,
     E ne i riposti orror del suo soggiorno
     I figli infermi depredati vede;
5A tal sembianza di pietade, e d’ira
     Dell’Eacide fiero il cor fu vinto,
     E percotendo il petto aspro sospira
     Al primo annunzio di Patroclo estinto.
Pianse così, che del cordoglio amaro
     10L’acerbe strida, e del suo rio tormento
     Nell’ampio regno di Nettuno andaro
     Là ’ve Tetide bagna i piè d’argento.
La bella Diva sollevossi a volo,
     Pronta allo scampo dell’Eroe feroce,
     15E caramente a mitigargli il duolo
     Diffuse il mel della nettarea voce.
Dissegli al fin, che lunga etade, e lieto
     Il Sol godrà, se non s’affanna in guerra:
     S’ei veste l’armi, era fatal decreto
     20Sua giovinezza traboccar sotterra.
Ma per alta cagion vicino occaso
     Per vil temenza non frenò quel Grande;
     Quinci le Dee dell’immortal Parnaso
     Di tante il circondaro auree ghirlande.
25E quinci seco han da fregiarti insieme
     De’ più splendidi fior, che abbia Elicona,
     Le Dive stesse o dell’Italia speme,
     Onor del Tebro, e degli Orsin corona.
Che orrida morte sul Danublo invano
     30Ti si fe’ contra, e già per entro il seno
     Dell’inospite Egeo contro Ottomano,
     Stringer non valse a tua virtude il freno.
E t’invogliò, non volge l’anno ancora,
     Risco sì fier nell’Africano regno:
     35I magnanimi cor gloria innamora;
     Alma gentil prende i vil’ozj a sdegno.
E se altri muor nelle sublimi imprese,
     Fama il ravviva; or tu colà ten vola,
     Ove il Belga superbo, ove l’Inglese
     40Giusti tributi al Vaticano invola.
Colà sparse e disperse, inclite prove,
     Il gran Farnese i rubellanti e rei;
     Erse colà non rimirati altrove
     Del soggiogato Scalda alti trofei.
45Colà ten vola, e di sì chiari allori
     Sia forte il grido ad impiumarti il piede;
     Eccelso successor d’alti sudori,
     Fátti non men d’eccelsi pregi erede.
Sprone de’ figli generosi all’alme
     50Fian tue vigilie; e d’immortal diletto
     A ripensar sulle tue nobil palme,
     La Patria ognor serenerà l’aspetto.
Che se l’Asopo, e se l’Inachia riva
     Già per varie cagion lieta si vide,
     55Pur di gaudio infinito allor gioiva.
     Ch’ella scorgea trionfatore Alcide.
Allor trombe festose, allor non stanco
     Tuono d’altere voci il cielo empiea,
     Ch’ei disgombrò tutto anelante il fianco
     60Del gran leon la region Nemea.
E quando in Libia all’oceán converso,
     Resse col duro tergo il ciel stellante,
     E quando in sonno il fier dragon sommerso,
     Dell’or famoso impoveriva Atlante.

XXV

A D. GIOVANNI MEDICI

La gloria venire dalla virtù.

Farsi ad altrui di gran valore esempio
     Nel Mondo rio con frali membra intorno,
     E di vivace fronda il crine adorno
     Almo passar d’eternitate al tempio,
5Non è leggiera impresa; inclita fama
     In suo cammin da mille mostri ha guerra;
     Ma pur bella virtute alza da terra
     L’Anime grandi, e su nel ciel le chiama.
Altri qui di Teseo vecchie memorie
     10Celebrerebbe, e di Giasone i vanti:
     Io no, che di mia cetra, e di miei canti
     Son tributario alle moderne glorie.
Voce d’onor, che da lontan discende,
     Spesso per nube di bugia s’oscura:
     15Della credenza altrui quella è sicura,
     Che appena sorta da vicin s’intende.
Quinci non tacerò l’alto ardimento
     Del mio felice scopritor del Mondo,
     Che corse i campi di Nettun profondo
     20Su carro fral, cui sospingeva il vento.
Ne chi lasciò per nuovo calle a tergo
     Chiloa, Melinde, e raggirò la prora