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libro vigesimoquarto 317

Tornato, altri ne spense, e d’Aide ai regni
Mandò di Cefalenia i primi lumi.545
Su via, pria ch’egli a Pilo, e alla regnata
Dagli Epei divina Elide ricovri,
Vadasi; o infamia patiremo eterna.
Sì, l’onta nostra ne’ futuri tempi
Rimbombar s’udrà ognor, se gli uccisori550
De’ figli non puniamo, e de’ fratelli.
Io certo più viver non curo, e, dove
Subito non si vada, e la lor fuga
Non si prevenga, altro io non bramo, o voglio,
Salvo che riunirmi Ombra a quell’Ombre.555
Così ei, non restandosi dal pianto,
E la pietade in ogni petto entrava.
     Giunsero allor dalla magion d’Ulisse
Medonte araldo, ed il cantor divino,
Dal sonno sviluppatisi, e nel mezzo560
Si collocaro. Alto stupore invase
Tutti, e il saggio Medonte i labbri aperse:
O Itacesi, uditemi. Credete
Voi, che Ulisse abbia tolto impresa tale
Contra il voler de’ Sempiterni? Un Dio565
Vidi io stesso al suo fianco, un Dio, che affatto
Mentore somigliava. Or gli apparia
Davanti, in atto d’animarlo, ed ora