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libro decimosettimo 127

Mise, e avviossi drittamente ai Proci;
Ed Argo, il fido can, poscia che visto395
Ebbe dopo dieci anni e dieci Ulisse,
Gli occhi nel sonno della morte chiuse.
     Ma l’egregio Telemaco fu il primo,
Che scorgesse il pastor nella superba
Sala passato; e a sè il chiamò d’un cenno.400
Ed ei, rivolto d’ogn’intorno il guardo,
Levò uno scanno ivi giacente, dove
Seder solea lo scalco, e le infinite
Carni partire ai banchettanti Proci.
Levollo, ed a Telemaco di contra405
Il piantò presso il desco, e vi s’assise;
E delle carni a lui pose davanti
Lo scalco, e pani dal canestro tolti.
     Ulisse ivi a non molto anch’egli entrava
Símil ne’ cenci, e nel baston nodoso,410
Su cui piegava il tergo, a un infelice
Paltonier d’anni carco. Entrato appena,
Sopra il frassineo limitar sedea,
Con le spalle appoggiandosi ad un saldo
Stipite cipressin, cui già perito415
Fabbro alzò a piombo, e ripolì con arte.
Telemaco il pastor chiama, e, togliendo
Quanto avea pane il bel canestro, e quanta