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libro decimoquarto 37

L’un mese uscendo, o entrando l’altro, il piede
Ei metterà nella sua reggia, e grande195
Di chiunque il figliuolo, e la pudica
Donna gli oltraggia, prenderà vendetta.
E tu in risposta gli dicesti, Euméo:
Nè strenna, o vecchio, io ti darò, nè Ulisse
Metterà più nella sua reggia il piede.200
Su via, tranquillo bevi, e ad altra cosa
Voltiam la lingua: chè mi cruccia troppo
Di sì nobil signor la rimembranza.
Lasciam da parte i giuramenti, e Ulisse
Venga, qual bramiam tutti, io, la Regina,205
E l’antico Laerte, e il pari a un Nume
Telemaco, per cui tremando io vivo.
Questo fanciullo, che d’Ulisse nacque,
E cui poscia, qual pianta in florid’orto,
Crebber gli Dei, sì ch’io credea, che il padre210
Di senno agguaglieria, come d’aspetto,
La dritta mente or degli eterni alcuno
Gli offese, io penso, o de’ mortali. Ei mosse,
L’orme paterne investigando, a Pilo,
E agguati i Proci tendongli al ritorno,215
Perchè tutto d’Arcesio il sangue manchi.
Or nè di questo più: trarranlo a morte
Forse i nemici, o forse a vôto ancora