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libro decimo 267

Quelli ammutiro. Ma il crucciato padre,
Via, rispose, da questa isola, e tosto,95
O degli uomini tutti il più malvagio:
Chè a me nè accor, nè rimandar con doni
Lice un mortal, che degli Eterni è in ira.
Via, poichè l’odio lor qua ti condusse.
Così Eolo sbandia me dal suo tetto,100
Che de’ gemiti miei tutto sonava.
     Mesti di nuovo prendevam dell’alto:
Ma si stancavan di lottar con l’onda,
Remigando, i compagni, e del ritorno
Moria la speme ne’ dogliosi petti.105
Sei dì navigavamo, e notti sei;
E col settimo Sol della sublime
Città di Lamo dalle larghe porte,
Di Lestrigonia, pervenimmo a vista.
Quivi pastor, che a sera entra col gregge,110
Chiama un altro, che fuor con l’armento esce.
Quivi uomo insonne avria doppia mercede,
L’una pascendo i buoi, l’altra le agnelle
Dalla candida lana: sì vicini
Sono il diurno, ed il notturno pasco.115
Bello, ed ampio n’è il porto: eccelsi scogli
Cerchianlo d’ogni parte, e tra due punte,
Che sporgon fuori, e ad incontrar si vanno,