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libro ottavo 215

Fortunati non sono i nequitosi
Fatti, e il tardo talor l’agile arriva.445
Ecco Vulcan, benchè sì tardo, Marte,
Che di velocità tutti d’Olimpo
Vince gli abitator, cogliere: il colse,
Zoppo essendo, con l’arte; onde la multa
Dell’adulterio gli può torre a dritto.450
     Allor così a Mercurio il gajo Apollo:
Figlio di Giove, messaggiero accorto,
Di grate cose dispensier cortese,
Vorrestu avvinto in sì tenaci nodi
Dormire all’aurea Venere da presso?455
     Oh questo fosse, gli rispose il Nume
Licenzïoso, e ad opre turpi avvezzo,
Fosse, o Sir dall’argenteo arco, e in legami
Tre volte tanti io mi trovassi avvinto,
E intendessero i Numi in me lo sguardo460
Tutti, e tutte le Dee! Non mi dorria
Dormire all’aurea Venere da presso.
     Tacque; e in gran riso i Sempiterni diero.
Ma non ridea Nettuno, anzi Vulcano,
L’inclito mastro, senza fin pregava,465
Liberasse Gradivo, e con alate
Parole gli dicea: Scioglilo. Io t’entro
Mallevador, che agl’Immortali in faccia