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libro ottavo 211

La pose di Demodoco, che al circo
S’adagiò in mezzo. Danzatori allora345
D’alta eccellenza, e in sul fiorir degli anni,
Feano al vate corona, ed il bel circo
Co’ presti piedi percoteano. Ulisse
De’ frettolosi piè gli sfolgoríi
Molto lodava; e non si riavea350
Dallo stupor, che gl’ingombrava il petto.
     Ma il poeta divin, citareggiando,
Del bellicoso Marte, e della cinta
Di vago serto il crin Vener Ciprigna,
Prese a cantar gli amori, ed il furtivo355
Lor conversar nella superba casa
Del Re del fuoco, di cui Marte il casto
Letto macchiò nefandemente, molti
Doni offerti alla Dea, con cui la vinse.
Repente il Sole, che la colpa vide,360
A Vulcan nunzïolla; e questi, udito
L’annunzio doloroso, alla sua negra
Fucina corse, un’immortal vendetta
Macchinando nell’anima. Sul ceppo
Piantò una magna incude; e col martello365
Nodi, per ambo imprigionarli, ordia
A frangersi impossibili, o a disciorsi.
Fabbricate le insidie, ei, contra Marte