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Sovra un sol trave a cavalcioni Ulisse
Montava: i panni, che la Dea Calipso470
Dati gli avea, svestì, s’avvolse al petto
L’immortal benda, e si gittò ne’ gorghi
Boccon, le braccia per notare aprendo.
Nè già s’ascose dal ceruleo Iddio,
Che, la testa crollando, A questo modo475
Erra, dicea tra sè, di flutto in flutto
Dopo tante sciagure, e a genti arriva
Da Giove amate: benchè speme io porti,
Che nè tra quelle brillerai di gioja.
Così Nettuno; e della verde sferza480
Toccò i cavalli alle leggiadre chiome,
Che il condussero ad Ega, ove gli splende
Nobile altezza di real palagio.
     Pallade intanto, la prudente figlia
Di Giove, altro pensò. Fermò gli alati485
Venti, e silenzio impose loro, e tutti
Gli avvinse di sopor, fuorchè il veloce
Borea, che, da lei spinto, i vasti flutti
Dinanzi a Ulisse infranse, ond’ei le rive
Del vago di remar popol Feace490
Pigliar potesse, ed ingannar la Parca.
Due giorni in cotal foggia, e tante notti
Per l’ampio golfo errava, e spesso il core