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118 odissea

Nè di voi fu, cui suggerisse il core
Di scuotermi dal sonno? Ov’io la fuga920
Potuto avessi presentirne, certo
Da me, benchè a fatica, ei non partia,
O me lasciava nel palagio estinta.
Ma de’ serventi alcun tosto mi chiami
L’antico Dolio, schiavo mio, che dato925
Fummi dal genitor, quand’io qua venni,
Ed or le piante del giardin m’ha in cura.
Vo’, che a Laerte corra, e il tutto narri,
Sedendosi appo lui, se mai Laerte
Di pianto aspersa la senil sua guancia930
Mostrar credesse al popolo, e lagnarsi
Di color, che schiantar l’unico ramo
Di lui vorriano, e del divino Ulisse.
     E la diletta qui balia Euricléa,
Sposa cara, rispose, o tu m’uccida,935
O nelle stanze tue viva mi serbi,
Parlerò aperto. Il tutto io seppi, e al figlio
Le candide farine, e il rosso vino
Consegnai: ma giurar col giuramento
Più sacro io gli dovei, che ove agli orecchi940
Non ti giugnesse della sua partenza
Aura d’altronde, e tu men richiedessi,
Io tacerei, finchè spuntasse in cielo