Pagina:Odi di Pindaro (Romagnoli) I.djvu/302


ODE OLIMPIA VII 263


I miti seguenti adombrano le sorti dei primi abitanti e del primo incivilimento di Rodi. Alla versione pindarica, che fa Elíadi, figli del Sole, i primi isolani, è parallela l’altra, anche piú comune, che fossero invece Telchini, figli del mare e di Posidone. La divergenza importa poco. Questi Telchini erano artefici, espertissimi lavoratori del ferro e del bronzo, o addirittura maghi. Appunto come gli Eliadi, ai quali, come dice Pindaro, Atena

concesse in ogni arte fra gli uomini eccellere con abili mani;
e statue simili agli esseri ch’àn moto portaron le vie:
onde alta s’effuse lor gloria: l’artefice saggio, ben grandi
miracoli fa, senza frode.

Telchini ed Eliadi sono due nomi nei quali il mito serbò memoria dell’antica civiltà che ora diciamo minoica, e che ebbe certo fulgore e forse tempra speciale in Rodi, uno dei ponti fra l’Asia e la Grecia, e forse, al pari di Creta, crogiuolo ove si incontrarono ed amalgamarono elementi disparati d’arte e di pensiero. Il fulgore artistico è simboleggiato dalla leggenda delle statue semoventi: la floridità industriale e commerciale dalla nevicata d’oro che Giove fa piovere sull’isola.

Rimane da spiegare il particolare della dimenticanza del fuoco. Io credo alluda a un periodo artistico in cui non era ancora nota la fusione dei metalli, e si lavorava a sbalzo. A sbalzo sono infatti le meravigliose coppe d’oro, che tutti oramai conoscono, del periodo minoico; e tutte le loro commessure aggiustate senza fusione.

Ed eccoci alla migrazione dorica, a questa misteriosa spinta di popoli del Settentrione, che a poco a poco spazza via dal suolo d’Ellade gli antichi abitatori, e li costringe a rifugiarsi nelle isole, sulle coste dell’Asia Minore, nella Libia. La leggenda improntò di uno stampo quasi unico le