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198 LE ODI DI PINDARO


e qui di città la farai signora, una gente isolana
insieme adunando su clivo recinto di piani. Qui Libia, l’augusta
dai pascoli grandi, benevola nell’aurëa sede la sposa accorrà;
e súbito a lei della terra darà, che rimanga legittimo suo bene, una parte
ove alberi dànno ogni sorta di frutti, e dimorano fiere.


Antistrofe

Un fanciullo qui genera. Ermète
lo toglie alla madre diletta,
e lo reca alla Terra ed all’Ore dai fulgidi troni,
che il pargolo bello depongono sui loro ginocchi, stupite
lo ammirano, e nèttare e ambrosia gli stillan sui labbri, lo fanno immortale;
e Giove lo chiamano, e Apollo, diletto degli uomini puro, custode
dei greggi, signore dei campi, dei pascoli; ed anche Aristèo nomato sarà.» —
Cosí favellando, lo accese a compier le nozze soavi.


Epodo

Or quando lo affrettano i Numi,
veloce è l’evento, le vie son brevi. Compiuto quel giorno
fu quello: si strinser d’amore nel talamo d’oro di Libia. —
Or Febo la insigne nei giuochi
città luminosa tutela: e lei di Carnèade il figlio
partecipe fe’ di sua gloria coi serti di Pito.
Qui giunse, coprendo Cirene d’onore; e le donne sue belle
l’accolgon, che torna da Delfo
recando l’amabile gloria.