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d’ilarità o di compassione, che farebbero i lamenti di un povero diavolo di collegiale, che incocciasse sul serio, incontrando la ballerina rivestita e foraggiata da lui, a braccetto per la strada con un altro!


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Dopo lo spoglio dei giornali, tocca quello delle lettere.

Fra le tante lettere, ve ne hanno alcune che racchiudono un vaglia, e queste sono le migliori. Il giornalista non si picca di avere un gusto letterario squisitissimo, e confessa candidamente che le lettere con vaglia postale le preferisce alle lettere di Cicerone e di Annibal Caro.

Vengono poi le lettere anonime, sempre spregevoli, e che il vero giornalista non legge mai, perché sa, su per giù, quello che dicono.

Peraltro si trovano delle lettere anche più spregevoli delle anonime, e sono le lettere «non affrancate». Queste il giornalista le respinge senza pietà. L’uomo onesto si firma; l’uomo onestissimo si firma e mette il francobollo.

Fra le lettere anonime, figurano tutte quelle firmate con qualche Pseudonimo. Nel carteggio epistolare, il Pseudonimo rappresenta il coraggio della paura: è il pudore della libidine, è il ti vedo e il non ti vedo della vergognosa dipinta nel Camposanto di Pisa. I Pseudonimi possono chiamarsi gli eroi della prudenza: avrebbero da dire molte verità acerbe, dure, pungenti, ma vorrebbero che qualche giornalista compiacente