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perdono il loro nome, e si dileguano fra le nebbie nordiche dei calzoni.

«Eppure, con tutto questo spirito di pace e di mansuetudine, ieri mattina c’è corso un ette che non abbia perduta la biblica virtù di Giobbe e di tutti gli altri giumenti, vale a dire la pazienza!

«Quando il tabaccaio all’improvviso mi ha rivelato che il sigaro da sette, per volontà dei nostri Ministri era salito a dieci centesimi, ho sentito qualcosa dentro di me che somigliava al furore.

«Stavo già per gridare: — Guai a voi o Ministri, perchè con questi tre centesimi di più avete voluto avvelenare il sigaro da sette, che non ne aveva bisogno!

«O mio vecchio sigaro! Tu eri mediocre, sì: ma alla fin de’ conti ti lasciavi fumare; mentre conosco in politica molti uomini di Stato più mediocri di te, e che non è possibile fumarli! Dio volesse che fossero fumabili!

«O sigaro da sette! Il tuo ventre era una miniera inesauribile per il fumatore intelligente. Coi capelli che ho trovato dentro di te, nel corso di pochi anni, ho messo insieme una parrucca per la vecchiaia, e colla lana nascosta clandestinamente nelle tue viscere, ho messo insieme due materassini per il mio bambino. Se io dovessi abbandonarti, per questi pochi centesimi di più, sarei desolato. Tu sei il vero amico dell’uomo! Qual è quell’altro amico, in questo mondo che costi meno di un vecchio sigaro toscano?...».