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58 novella xxxiii.

che scoccano le ore, ed egli maladice l’oriuolo e la camicia, e dice alla femmina: Accendi il fuoco. Essa mette legna nel cammino, accende uno solfanello e soffia, e intanto egli torce la camicia quanto può e grida: Soffia, per amor del cielo! e quando il fuoco è acceso, la donna piglia di qua ed egli di là, e cominciano a rasciugare il bucato. La camicia fumicava, la donna toccala di qua, egli di là per sentire se la si andava asciugando. Accosta un poco più da questo lato, accosta un poco più qua dove la è increspata, chè la è più umidiccia che altrove. L’accostano tanto, che il fuoco si appicca ad una manica, che non se ne avveggono. Dice la donna: Qui sa di arsiccio. Così pare anche a me, risponde il giovane: volta, vedi, ed eccoti da mezza manica verso alla spalla che ardea com’esca; Oimè, grida la donna: acqua acqua. Come acqua? (grida il giovine, e stringendo in pugno la tela dove ardea) tu gridi acqua ancora, che vedi quel che m’ha fatto l’acqua? In fine l’ammorzò: e dall’una parte arsa e dall’altra mezza molle ancora, si pose la camicia indosso, e andò, come potè, a fare le sue faccende.


XXXIII.


Il Ladro portato per sua vergogna in trionfo.


Ne’ dì passati avvenne che un certo garzonastro di mala vita, di anni diciotto in circa, passando a santa Ternita, vide un fruttajuolo occupato in certi suoi fatti; e adocchiata la bilancia della bottega e mezzo ducato di argento là da un lato, credendosi di non essere veduto, diede su le ugne all’una e all’altro, e se ne andò a’ fatti suoi. Stavano alcuni a vedere quest’atto, ch’egli non se ne accorse: onde appena ebbe tra le mani la roba altrui, gli furono dietro, ed egli messasi la via tra gambe, andava suonando con la bilancia, che parea un cavallo che trotti con la sonagliera. Chi usciva di qua, chi di là. Che è stato? È un ladro. Sempre la gente crescea,