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novella xiv. 253


XIV.


Modo ingegnoso usato da un Visir per liberare il suo signore, il quale per la poca sua prudenza, era stato fatto prigione.


Melekchah, re di Persia, sosteneva la guerra contro l’Imperadore di Costantinopoli: stavansi i due eserciti a fronte, divisi da un fiume ch’era la sicurezza dell’uno e dell’altro. Affidatosi a così fatto riparo, il re de’ Persiani, che giovane era, giudicò di poter andare a caccia mentre che stavano vicendevolmente in guardia; ma l’imperador greco avea fatto passare il fiume ad alquanti armati alla leggiera, che colsero i cacciatori sprovveduti e gli condussero al campo loro. Non avea il monarca persiano sopra di sè verun segno della sua dignità: era vestito alla leggiera, a modo di cacciatore, e come erano tutti gli altri del suo accompagnamento: si deliberò a nascondere il suo grado, acciocchè il nemico non conoscesse quanto importasse la sua preda. Avea questo principe un visir, al quale avea dato il comando dell’esercito. Nizamelmulk (questo era il nome del visir), avuto notizia della disgrazia accaduta al suo signore, usò cautela per tenerla celata: fece star la guardia, secondo l’usanza, al padiglione del sultano, e mandò genti all’esercito nemico a chiedere parlamento al principe greco. Avuta la risposta favorevole da’ Greci, passò il visir al quartiere del nemico, e sì larghe proposizioni gli fece da parte del suo signore, che l’imperadore di Costantinopoli lietamente le accolse. D’altro più non trattavasi che di certe difficoltà di picciolo rilievo. Nizamelmulk fece credere ch’egli avea debito di riferire al suo signore la volontà dell’imperadore. Mentre che egli era per dipartirsi, gli disse il Greco, che i suoi guastatori aveano il giorno avanti presi alquanti officiali persiani che si erano dilungati dall’esercito per cacciare. Non possono costoro essere altro che