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novella xii. 249

fonte di consolazione, letizia del popolo, modello di ogni maestà. Così fatte acclamazioni gli aveano per modo colpito l’orecchio, che egli si credea ingenuamente che non ci fosse al mondo cosa più grata all’occhio umano del veder lui.

Passeggiando un giorno su e giù per un’ampia sala, fisò gli occhi ad uno specchio: attento si considerò, e per la prima volta non fu adulato. Oh, oh, disse egli fra sè, o tutto il mio popolo, o questo specchio m’inganna. Ma egli è piuttosto da pensare che sia infedele questo specchio, che da dire che tante migliaja di uomini dicano la bugia. Va avanti, guardasi ad un altro specchio, trova la figura stessa: provasi la terza volta, non è soddisfatto più di prima. Finalmente avendogli tutti gli specchi detto lo stesso (perchè non vi ha cortigiano fra specchi), il principe pensò, tardi un poco è vero, ma finalmente pensò che tutti quegli specchi, i quali non aveano punto d’interesse per accattarsi da lui benevolenza, aveano la ragione essi a fronte d’uomini ch’erano così bene pagati per mentire.

Maamud alquanto confuso chinava il capo, e non guardava più gli specchi. Si riscontrò nel primo ministro, uomo di senno e manco lusinghiero di quanti erano nella sua corte, e gli disse: Oh, che è questo? tutti coloro che mi stanno intorno, e voi il primo, perchè mi dite voi continuamente, che il veder me vi racconsola tutti? se non m’ingannano i miei specchi, non vi può essere grata la mia vista.

Principe, gli disse il Visir, troppo grandi sarebbero i re, e felici oltre ogni credere i popoli, se avesse potuto darsi che l’adulazione fosse stata sbandita dalle corti. Ma non può essa andar disgiunta dalla umana fragilità, e pian piano s’introdurrà in ogni luogo in cui sarà da sperare e da temere. Per darvi nell’umore vi furono dette le bugie; ora per prestarvi servigio vi dirò la verità.

Sia bello o brutto un principe, nulla importa: è picciolo il numero di quelli de’ sudditi suoi che possano godere della vista di lui; e cotesti tali tosto vi