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novella iv. 217

quistò dalla moglie due figliuoli; per la qual cosa volendo supplire alle spese che crescevano insieme colla famiglia, si fece suo gran parte del tesoro che era nel cofano: di che avvedutosi il pittore, gli rinfacciò la sua mala fede; ma l’orefice negò la cosa.

Il pittore, sdegnatosi della perfidia di lui, deliberò di farne vendetta; ma per farnela con sicurezza maggiore, dissimulò per allora e finse di prestar fede a’ giuramenti del complice. Pregò un amico suo cacciatore, che gli facesse avere due orsacchini vivi; e quando gli ebbe, fece fare una statua di legno, in fattezze, statura e vestiti così somigliante all’orefice, che l’occhio ne prendea errore.

Apparecchiata così ogni cosa per quel fine che volea, ammaestrò i due orsatti a prendere il cibo dalle mani della statua: gli conducea ogni mattina alla stanza dove era rizzata, ed essi non sì tosto l’aveano veduta, che saltavano verso quella e dalle sue mani prendeano quel che vi era stato posto per mangiare.

Il nostro pittore impiegò più settimane nell’usargli in tale esercizio ogni dì; nè sì tosto vide gli orsacchini avvezzi, che invitò l’orefice a cena seco co’ suoi due figliuolini, ed allo spuntar del giorno, trafugati con destrezza i fanciulli, pose gli orsacchini in cambio di quelli.

Non si può dire a mezzo qual fosse la maraviglia dell’orefice, quando in luogo de’ figliuoletti suoi si trovò nella stanza due orsatti: cominciò pieno di spavento a gridare quanto gli uscia della gola. Il pittore facendo dell’attonito, disse all’ospite: Così strana tramutazione dee essere qualche punizione mandatavi dal Cielo per avernelo voi fatto sdegnare con qualche gravissima colpa. Non si lasciò gabbare l’orefice dalle parole dettegli dall’amico, e tenendo per certo ch’egli fosse la cagione di tal metamorfosi, l’obbligò a comparire davanti al Cadì, accusandolo che gli avesse involati i figliuoli. Signore gli disse il pittore; voi potete facilmente chiarirvi da qual parte sia la verità: comandate che siano qua condotti i