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novella lxxviii. 149

si mostrano sviscerati amanti di colui che vorrebbero avvelenare col fiato, fino a tanto che giunge quel dì in cui par loro di tirare la rete, coglierlo e schiacciargli il capo. Di tutti gli uomini tristi sono in superlativo grado tali coloro che non hanno forza, e per isfogarsi sono obbligati a far le maschere, e a coprire la loro viltà sotto il velame della malizia; imperciocchè temendo questi tali o la possanza dell’avversario, o le sante leggi dalla Giustizia, vanno lungamente mulinando in qual guisa possano scoccare l’archetto, senza che sia veduto il tiratore, per nascondersi dall’altrui vigore, o dal gastigo. Un caso avvenuto poco lunge di qua in una villa, mi ha dato materia a questa breve meditazione. Ora narrerò il fatto, acciocchè sappia ognuno donde io trassi questo argomento di morale.

Antonia e Menicuccio erano un pajo di amanti, i quali viveano in due villette alquanto discoste l’una dall’altra, giovani, ben fatti, e, secondo gente di loro condizione, anche molto agiati de’ beni di fortuna. Parea a Menicuccio di toccare il cielo col dito quando egli potea giungere a dir due parole agli orecchi dell’Antonia da solo a sola, e donarle un fiorellino, o due braccia di cordellina vermiglia, presentandogliela col miglior garbo che potea; ed ella, dall’altro lato accettandola con una certa fiammolina di verecondia che le copriva le guance, e con un alzare una spalla e chinare il capo in vece di altre parole, si tenea fortunata più di ogni altra fanciulla de’ suoi contorni, di avere un galante amatore e così liberale. Ma perchè l’Antonia era in effetto una bella fanciulla, e sapea vestirsi le feste molto meglio che le altre figlie del contado, e nel giuocare a mosca cieca o alla fava l’avea non so che di vivace e dello spiritoso, avveniva che alcuni giovani del paese la guardavano con occhio volpino, ed ella, non perchè non amasse Menicuccio, ma per una certa superbiuzza del vedersi ben voluta da molti, parea che l’avesse caro. Menicuccio ch’era una bestia, e