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e la cazzuola della limosina, sopra il fondamento della fede ergessero le mura della speranza, tra cui le colonne della memoria coi capitelli della gratitudine sostenessero la cupola della devozione, sotto alla quale dalle campane della tradizione venissero congregati i popoli ad una festa, in cui fossero arazzi le preghiere, altari i cuori, lampade l’allegrezza comune, organi le gole cantanti, incensi... non mi ricordo più che cosa, giacchè quel panegirico non fece mai gemere i torchi; ed è un peccato, perchè potea far testo.

I paesani, più trasecolati da quel tòcco d’eloquenza quanto meno ne avevano compreso, sbucarono di chiesa non appena fu finito, e don Alessandro ordinò a Cipriano che mescesse ancora a tutti; il che non domandatemi se accrebbe l’allegria ed il frutto del sermone.

Mi s’era dimenticato di dire come la medaglia d’oro che era stata pegno di vendetta, venne di fatto appesa in voto alla Madonna, e là rimase fin quando, trentasett’anni fa, i Francesi ci fecero, cogli ori della chiesa, pagare quella bellezza di libertà cho ci venivano a regalare. Allora uno di questi contorni, spirito forte che si era fin lasciato intendere a dire che i frati non erano se non tanti oziosi, d’ordine del Governo la levò via per cambiarla in tanti zecchini, e ve ne sostituì un’altra di similoro. E la medaglia e la libertà, come succede delle cose false, presero il verderame: quella passò tra le ciarpe d’un ferravecchi, l’altra tornò in paradiso ad aspettarvi il Dies iræ.

Tanto andò a genio quella sagra campestre, che i signori istituirono di tornarvi ogni anno. Comin-