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me fossero simboleggiate. Le tramezzavano pastori sonando stromenti confacevoli; seguivano quattro re e quattro regine, portanti per impresa gli elementi, e serviti ai cavalli da quattro uomini selvaggi, che poi colle clave faceano un combattimento. Indi un carro trionfale tratto da otto schiavi, sul quale stavano Venere colle Grazie, cantando madrigali. Formavano quarantatrè quadriglie, e mentre passavan davanti al principe, un bell’umore milanese, vestito da Arlecchino, li nominava epigrammaticamente.

Sono andato proprio troppo per le lunghe onde riuscire a parlarvi della facchinata. Per discorrerne con parole un poco più belle e più gravi lascerò a Giuseppe Parini il raccontarvi che «questa mascherata rappresenta gli abitatori d’alcune valli del Lago Maggiore, parte delle quali sino ab antico costumano di guadagnarsi il sostentamento in Milano, impiegandosi in quei privati e pubblici servigi che son proprj del facchino. Stanno questi nella città con certi obblighi e privilegi, che ne autorizzano l’uso e la dimora. Quelli poi che rappresentano tal gente colla mascherata, così detta de’ Facchini o la Facchinata, sono persone civili, addette ad un corpo che chiamasi la Magnifica Badia. Questa piacevole congrega è di origine molto incerta, nondimeno se ne ha la memoria d’oltre a due secoli. Gode d’alcuni privilegi concedutile dai governatori di questo Stato: ha statuti ancor essa e cariche, come di piovano, di dottore, di cancelliere, di poeta e simili. Gli individui della Badia affettano un dialetto proprio del paese del quale si fingono. Hanno ciascuno un nome bizzarro e caratteristico